Set: Casa di Montagna
18gr di Psilocybe Pajateros (Dragon's Dynamite)
Prima esperienza (o quasi) con i funghi :roll: di un'amica :mrgreen:
Nota: la narrazione non è cronologica, perchè un attimo ne rievoca un altro, e la scrittura mi risulta più scorrevole. In ogni caso, tutto questo è successo, ed era così assurdo e surreale che è inutile tentare di ricomporre il tempo, perchè il tempo non esisteva più.
Ricordare tutto è improbabile, ormai sono passati 2 giorni. Quello di cui sono certa è che una serata come quella lascia inevitabilmente un segno indelebile nell’animo di una persona.
Eravamo tutti fuori, davanti all’ingresso della casa. Seduti quasi in cerchio, chi sulle sedie, chi sui gradini. Davanti a noi la fontana scrosciava la sua acqua come suo solito. T. , il gatto dei vicini, non si faceva vedere da un po’. Mi sarebbe piaciuto coccolarmelo, anche se poi lui sarebbe sicuramente balzato via, in cerca di nuove avventure. La sera prima avrebbe voluto esplorare tutta la casa.
Gli abitanti di quella via non si facevano mai vedere di sera, erano tutte persone tranquille, era raro anche incontrarli di giorno, se si esclude il fatto che noi dormivamo tutta la mattina.
Ad un certo punto ho alzato lo sguardo verso il cielo. La luna, piena di luce, si era colorata internamente, di tanti quadratini. Rosa, celeste, giallo.. Perchè i suoi crateri si erano tinti improvvisamente? Era anche più grande del solito, il suo alone violaceo inondava le maestose nuvole che danzavano nell’immenso cielo di quella notte di agosto, quella notte senza stelle in cui ho visto il cielo. Perchè non è sempre così? Volevo che lo vedessero così anche le persone che erano lì con me. Ma era uno spettacolo riservato. Era il mio cielo, che si è aperto e tinto di un blu mai esistito, non potevo smettere di guardarlo.
Mi sono alzata in piedi, avrei voluto entrarci, ma l’unica cosa che potevo fare era sdraiarmi per terra, sulla strada in discesa, e guardare la danza delle nuvole che si trasformavano in esseri mai visti prima.
I miei amici sono scesi più giù, dietro la curva che circonda la casa di T. Sono sola col mio cielo, che inizia a spaventarmi. E’ immensamente sconfinato. Dritto davanti a me, c’è il blu. Ai lati, ci sono due figure enormi. Ricordo bene che quella alla mia destra era un guerriero dalla faccia spaventosa, con uno strano elmo. Mi sta fissando e piano si avvicina al blu, lo vuole ricoprire tutto e io vorrei evitarlo, ma lui continua a guardarmi con quei suoi occhi minacciosi e l’unica cosa che mi viene da fare è alzarmi in piedi e smettere di guardare.
Entro in casa e il mio ragazzo sta’ ascoltando la musica. Resto un po’ lì, ma poi torno a sedermi sui gradini all’ingresso. Non posso smettere di guardare il cielo. Ci sono meno nuvole, e sono meno scure, quasi si stessero dissolvendo nel blu. Più lo guardo più diventa lucido, si avvicina a me e sembra uno specchio. Ho un tetto lucido, piatto e magico a pochi metri dalla mia testa. Alzo ancora di più lo sguardo e so che sono lì, io sono nel cielo perchè vedo il mio riflesso. Sono enorme, ci metto un po’ a capire che sono io perchè all’inizio mi sembrava una donna qualunque, ma poi ho sorriso dal cielo guardando me che mi guardavo e ho capito tutto.
Mi accorgo che non sono sola nel cielo. Sono parte di un girotondo che mi circonda, io sono qui, seduta su un gradino, ma sono anche lì, con altre persone sedute in cielo, e tutti insieme ci prendiamo la mano, la mia me nel cielo è esattamente davanti alla mia me in terra, e tutti sorridiamo, perchè non dovremmo?
Solo che il cielo è così traslucido che non posso guardarlo all’infinito.
Mi accorgo che alla mia destra c’è qualcuno e inizio a parlargli, non riesco a vederlo in faccia ma se ne stà lì, in piedi, senza proferire parola. Sono un po’ scocciata perchè dev’essere proprio maleducato, a starmi così vicino senza nemmeno presentarsi o far cenno di aver capito che esisto, mi giro di scatto per guardarlo male, ma non c’è più. E’ strano, era qui un attimo fa… Poco dopo I. sbuca dall’angolo, era dietro casa perchè non si sentiva bene, ci salutiamo ed entra in casa.
Dopo un po’ entro in casa anche io e vengo avvolta dalla musica che esce dalla cassa poggiata davanti alla finestra, dietro a F. , il mio ragazzo, che indossa gli occhiali da sole e le infradito, ed è lì, immerso in uno spettacolo tutto suo.
Ci sono anche A. e la Fe. , mi siedo su una sedia intorno al tavolo.
Il muro è bellissimo. E’ fatto di ricami che hanno un loro senso interno, riflette i colori della tovaglia e del lampadario, il tutto fluttua prima verso l’alto, poi verso destra. E’ una cascata di sfumature e colori, colori accesi, più che accesi direi intensi. Un singolo colore si accostava agli altri e non era pensabile separarli, ma ognuno di loro brillava della propria essenza. Poi arriva un tocco di colore verde acido, che stona nel tutto. Se ne stà lì, non osa nemmeno muoversi, finchè qualcuno non lo sbatte a terra e mi dice che è un insetto. Un insetto? Così gommoso ed enorme? Gommoso… Anche io sono fatta di gomma. Ma questo lo scoprirò più tardi, perchè ora mi sono fissata sull’angolo di muro dove quell’insetto aveva rovinato la magia, e si è aperto un nuovo mondo che sembra ancora più interessante. Niente più colori accesi, qui si tratta di marroni e neri, con tocchi dorati, sembra di guardare una vallata deserta, l’unica traccia umana sono delle capanne dal tetto di paglia che però si mimetizzano fin troppo bene nello scenario.
Mi tocco i capelli ed esclamo stupita: “i capelli!”. Già. Sono elettrici, pian piano li perdo e l’elettricità si spande nell’aria, mischiandosi a quella della musica, forse è per questo che siamo tutti elettrizzati.
“Ma chi sei??” quasi urlo dallo stupore. E’ tornato il tizio di prima, e se ne stà lì. Nessuno riesce a spiegarmi chi sia, così insisto a domandarglielo, ma poi lascio stare. Finchè resta lì senza fare niente, non ho motivo di preoccuparmi.
La mia attenzione viene nuovamente catturata dai colori del muro, c’è un utensile da cucina appoggiato di fianco alla cassa, che brilla di viola e giallo-arancio, con note di argento, che poi è luce. Sembra il centro di tutto, quell’utensile incantato, ma in fondo so che i colori del muro non dipendono da quello.
Fe. ha visto un t-rex e io fatico a inquadrarlo, fino a che diventa una chiara sagoma sul muro. Lei resta lì, vede gli animali, io mi accorgo che F. si stà trasformando in una scimmia, sono seduta a terra e lui mi stà davanti, i suoi piedi sono enormi e pelosi, quasi escono dalle infradito verdi. Poi lo guardo in faccia e non è così terrificante, in fondo è pur sempre il mio cucciolo e se dev’essere un cucciolo di scimmia non vedo dove sia il problema. Io ho sempre amato gli animali, anche se il suo sguardo è ombroso poichè accentuato dai peli scuri che ha in faccia, sembra quasi un cartone animato e la scritta sulla sua maglietta, “create the future”, mi sembra la frase del secolo.
C. mi porta nel bosco e per arrivare dobbiamo oltrepassare un tunnel di piante, mi dice di aspettare lì, resto ferma immobile alla fine del tunnel e spunta la Fe. , non vedo altro che i suoi capelli mossi e scorgo degli occhi enormi e neri che occupano un terzo del suo viso. Non so come ma sparisce, e torna C. , io avevo visto qualcosa dopo il tunnel ma non riesco a descriverglielo.
Non percorriamo molta strada, perchè ogni due o tre passi mi fermo ad osservare gli scenari che mi si presentano.
Poi lo vedo di nuovo, il cielo. E’ magnifico. Niente più guerrieri, nè girotondi.
La luna è di nuovo una luna bianca, eppure mi sembra di essere dentro ad una di quelle immagini fantasy che mi sono sempre piaciute.
Dietro di me c’è un muro di edera, dentro il quale c’è un altro mondo.
Chiudo gli occhi e ascolto. E’ l’anima del bosco e sento di farne parte. Mi sembra di percepire gli animali che fanno i loro versi, perchè li sento e dal suono capisco la loro posizione. Sento anche gli altri che stanno parlando dentro casa, ma li sento così chiaramente che è come se fossero qui con me. Inizia un eco che non mi lascerà in pace per tutta la notte, un eco che mi rimbomba in testa e le sue parole sono “no raga… no raga… no raga…” all’infinito.
Mi fisso su due alberi, poi di nuovo il cielo. Non mi va di proseguire perchè ho i piedi fradici, così torniamo indietro e sbam! Voglio un quadro con l’immagine che ho visto. Nitida, surreale, la casa, il sentiero, la luna, la notte… Indescrivibile. Ma perchè non so disegnare? Cerco di non farmi scappare quell’immagine dalla mente, mentre torniamo in casa.
Avevo già fatto la pipì, ma sono di nuovo in bagno, e di nuovo sento il fluido che esce dal mio corpo, è pesante e non vedo l’ora che finisca, ma quanta pipì devo fare? Non ho nemmeno bevuto! Quando apro la porta del bagno e mi ritrovo fuori, mi rendo conto che la mia consapevolezza di essere in bagno a fare pipì è durata meno della metà del tempo che ho passato in bagno.
La mia mente non era lì.
Ero in un altro posto, cullata dalla musica che arrivava dall’altra stanza. Solo che me ne sono accorta dopo. Io ero lì, e non volevo essere altrove. Io ero nella pace.
Wooo! è stata l’esclamazione che ho usato di più nel corso della serata. Se mi fissavo su qualcosa, io vedevo le cose, e potevo entrarci, potevo guardare cose mai viste, non c’era altro da dire se non “WOOOOOOOOOOO!”.
Mi siedo di nuovo intorno al tavolo insieme agli altri e mi fisso sulla tovaglia. E’ colorata, in plastica e ci sono tante scritte, con anche dei disegni di pin-up. C’era una parola impressa sulla tovaglia, “love”, e io la fissavo. Ad un certo punto è diventata concreta, il 3D del cinema non è nulla a confronto, quella parola era lì e io l’ho presa in mano, ho preso l’amore tra le mie mani ed era delicato. Avevo paura di rompere qualla parola, così l’ho lasciata stare e ho notato che una pin-up stava ingrassando. Mi sono fissata su quella tipa, non so per quanto tempo. Continuava a ingrassare e dimagrire, mi sorrideva come se si divertisse a cambiare forma.
Intanto la musica continuava a fuoriuscire dalla cassa per espandersi dentro me, dentro la mia testa e in tutta la stanza. In fondo, per anche solo un momento, siamo tutti entrati dentro la musica perchè la musica era dentro di noi.
Il tipo non mi lasciava in pace, continuava a stare li, alla mia destra, e chiedergli chi era non serviva a nulla.
Mi sono girata verso il camino, che era dietro di me. Nell’angolo, strane figure geometriche sono apparse in rilievo. Continuavano in profondità e io volevo entrare nel camino, solo che non ci sono riuscita.
Poi tutti quanti ci siamo accorti di essere fatti di gomma. Io mi stavo sciogliendo, continuavo a sciogliermi così tanto che le mie mani erano diventate più affusolate del solito. La maglietta di F. era bagnata fradicia, con forti pieghe che ricordavano le statue greche. Più mi toccavo la faccia, più era gommosa. E’ stato divertente.
Mi sono seduta a capotavola e sono diventata gigante. Ero enorme, qualcuno era seduto dall’altra parte del tavolo ed era piccolissimo e molto lontano. Il tavolo è diventato storto. Ero ancora di gomma, gigante, e continuavo a sciogliermi.
Chiudo gli occhi ed è pieno di colori che seguono imperterriti la musica.
C. mi dà una sigaretta, è di gomma anche quella. Più la tengo in mano e più si storta, è flussuosa, morbida.. E’ bello tenerla in mano, ma vorrei fumarla… Non ho l’accendino. Qualcuno mi dà un accendino? F. è ora in piedi e continua a fluttuare, è tutto storto, umido, non è più una scimmia, per fortuna, ma è strano.
Passa un bel po’ di tempo prima che qualcuno mi passa l’accendino, non so nemmeno quante volte l’ho chiesto. Mi dimenticavo anche di volerlo, di avere la sigaretta in mano, di essere di gomma… Chiudevo gli occhi e mi trovavo altrove. Era bello stare lì. Volevo stare lì per sempre.
Quella sigaretta è durata un’eternità. Non era il solito fumare, sentivo più che altro il calore che emanava e il forte odore di fumo che stava impregnando la stanza. Era arrivato il momento di uscire da lì.
Ci siamo messi all’ingresso, io seduta sui gradini. Ridiamo e scherziamo, fino a quando mi sento pesante, mi rimbomba il “no raga” nella testa, più forte di prima. Mi accuccio con la testa fra le braccia e le braccia appoggiate alle ginocchia. In pratica sono accovacciata. Sento le voci che continuano a dire “no raga, no raga, no raga”, non si fermano mai, diventano profonde, rauche, mi accompagnano nel buio. Perchè è lì che sono, sono in mezzo al buio e sto cadendo al centro di esso. Anche se è tutto nero, io distinguo le cose. E’ pieno di esseri, ombre che sussurrano intorno a me e si avvicinano al centro, ma io non voglio cadere lì, perchè è tutto buio? Dove sono finiti i colori? Continuo a cadere, piano, come se una forza mi stesse tirando giù, sempre più giù. Il fondo è lontano, ma io continuo a cadere, man mano che mi avvicino riesco a distinguere una specie di uovo al centro di tutto, ma mi sta’ guardando… C’è un bulbo oculare che mi fissa, è sopra all’uovo, e io mi ci sto schiantando contro senza poter fare nulla. Ho l’impressione che una volta giù, resterò nel buio per sempre. Poi mi sento scuotere, qualcuno ripete “bad, bad” e forse sto piangendo e urlando. Però non sono più lì. Respiro affannosamente, sono stupita di essere qui. Seduta sul gradino dell’ingresso di una casa di montagna.
Poi però ci torno, nel buio. Non forte come prima, forse perchè ho rimosso quello che davvero è successo. So solo che ero sdraiata e ridevo, poi mi sono zittita e c’erano delle altre ombre. La lampada sopra di me ha iniziato ad allungarsi e mi stava cadendo addosso. Voleva trafiggermi, ma non con un colpo netto. Mi stava torturando e mi guardava con quella sua luce divertita, ogni tanto faceva finta di tornare al suo posto. Invece era sempre pronta ad attaccare. Fallo e basta, pensavo, io non posso muovermi. Non potevo muovermi perchè sentivo una forza che mi schiacciava a terra. Io ero sdraiata per terra e non potevo alzarmi perchè l’aria non me lo permetteva. Quella lampada del cazzo mi voleva morta.
C. mi ha tirato su e WOOOO ho guardato la sala dal corridoio dell’ingresso. C’era un vortice sotto al tavolo che portava ad un mondo dietro al tavolo. Erano tornati i colori.
Qualcuno mi tira su. E’ F. e mi dice che devo andare a letto, ma io non voglio. Non so come, non so perchè, ma sono a letto e F. vuole farmi bere dell’acqua. Ma io non ho sete. Sono sdraiata a fissare l’angolo tra il soffitto e il muro, a volte chiudo gli occhi e ballo con la mente. Sono qui. Non voglio andare via, io voglio morire qui. Adesso potrei morire e sarebbe quello che voglio. F. insiste con quell’acqua del cazzo, penso che mi abbia tirato su. La bottiglia che ho in mano è molle. Va bene, bevo. Che palle.
Mi hanno lasciato qui. Sono sdraiata a pancia in giù. Nel buio. Credo di essere a letto, sento le voci degli altri che parlano di sotto, ma non capisco quello che dicono. Perchè il letto è così duro? Apro gli occhi, piano piano, ma non sono a letto. Sono sdraiata per terra in un posto con la luce strana. Credo sia una cantina, sento la polvere. Ma non è possibile, la casa non ha la cantina. Chiudo gli occhi e li apro, sono ancora in cantina. Vedo quello che ho visto prima, una spece di armadietto in metallo illuminato da quella luce calda e strana. Non riesco a muovermi.
Non so quanto tempo ho passato in quella cantina, so solo che ad un certo punto non ero più lì, ma a letto. E finalmente potevo muovermi.
F. mi ha portato nella camera di fianco alla nostra, dove dormono A. e la Fe. Insiste ancora con questa storia del bere acqua. Ci mettiamo a letto tutti e quattro, ascoltiamo musica e ridiamo. Mi fisso su una coperta rossa. E’ squamata o sono io che la vedo così? Continua a cambiare forma, il rosso è vivo, la coperta è viva. E’ bella.
Voglio tornare giù ma è un’impresa. Non credo di stare molto bene. Mi siedo sulla cima delle scale, che sono ripide e altissime. Dall’alto vedo una sedia e la sua ombra. Sento quasi il vento, sono in altissimo. Non ce la farò mai a scendere queste scale. Fino a quando F. non mi dà una mano.
Ok, mangiamo qualcosa. Perchè A. ha le orecchie così appuntite? Si muovono. No, F. , non tornare una scimmia. Cerco di evitarlo. Ora sto male. Sto malissimo. Non ero più nel mio corpo. Riesco a muovermi a fatica, come se dovessi ricordarmi come si fa. Mangio i cracker, piano piano. Mi si impastano in bocca. Bevo il succo. Ma davvero mi farà stare meglio? Vorrei solo dormire. Ma ho ancora qualche allucinazione. E mi gira la testa. Non so cosa ci sia da ridere, ma è tutta la notte che rido e forse non potrò mai smettere. Ho male alla mascella.
Ok, visto che dormire ora mi sembra impossibile, ci guardiamo Harry Potter dal portatile. Ma è sempre stato così brillante? E’ tutto lucido. I colori sono vividi. Vedo il riflesso di Dobby mentre parla con Harry. Non l’avevo mai notato prima. Non avevo notato un sacco di cose. Hermione è tenerissima, quanto sono tutti bambini. Sembra troppo trash. Anche se è in inglese, non leggo i sottotitoli e credo di capire. Mi addormento senza far finire il film.
Al mio risveglio vado a fare colazione con gli altri. Davvero è passato tutto? Perchè sento così intensamente gli odori? Mah, che importa. Passerà.
Il mal di testa mi martella fino al giorno dopo.
Com’è la realta? Sì, è noiosa. Stabile. Rassicurante. Ma non può competere con il mio cielo.