Iquelo
Glandeuse Pinéale
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- 24/12/14
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"La bella che è addormentata
lalala, lalala, lalala,
Ha un nome che fa paura,
Libertà, Libertà, Libertà"
Questa è un canzone brevissima improvvisata dal grande De André durante un concerto, riprendendola dal film "Nell'anno del Signore".
Agganciandomi a questa vorrei sapere: cosa ne pensate, cari psiconauti, della libertà? Io credo che sia un concetto molto complesso ma anche estremamente primordiale e introspettivo per tutti noi, per questo ho deciso di parlarne con voi, cioè la comunità più "primordiale" (da prendere assolutamente come un complimento) e più aperta mentalmente che conosca, a cui da poco faccio parte.
Vi dico come la penso io. Per quanto riguarda la libertà come concetto generale, io credo parti dal concetto di RISPETTO: io sono consapevole che la mia vita e la mia libertà dipendono dal benessere mio, degli altri e del luogo in cui vivo, quindi per esempio non danneggerò l'ambiente perché so che danneggiandolo danneggerò anche la vita degli esseri viventi, e ne sono consapevole perché il rispetto di tutto ciò che ho intorno legittimerà la mia libertà e viceversa.
Ognuno di noi nasce nella stessa stessa condizione, con lo stesso diritto di mangiare, bere, fare sesso, procreare e quindi in definitiva VIVERE di chiunque altro. Con questo vorrei smontare la tesi per cui se lavori e hai uno stipendio puoi usufruire di ciò che ti serve per vivere (generando artificialmente il tuo diritto a vivere), mentre se non lavori e non hai uno stipendio non puoi approvvigionarti dei beni fondamentali (distruggendo il tuo diritto a vivere) (Piccola parentesi: su questo consiglio di guardare su YouTube il corto "Zero" della Zelaous Creative, molto toccante). Dopodiché, avere un'entità sulla propria testa che tiene le redini del gioco (cioè lo Stato) non dovrebbe servire, perché è anche dimostrato storicamente che l'uomo sappia convivere pacificamente in comunità. A un certo punto della storia dell'uomo è nata la violenza e il bisogno o necessità di dominazione di alcuni individui su altri, specialmente quando le società gilaniche, che si pensa che per più di 5000 anni abbiano vissuto in pace e senza ordini gerarchico-sessisti, furono sovrastate da popoli migranti altamente gerarchizzati provenienti soprattutto dalla Russia. Per questo motivo io sono dell'idea che la violenza non sia una condizione intrinseca nella natura umana. Poi, nel corso dei secoli, e soprattutto con l'avvento della società moderna, in cui siamo diventati ,grazie allo sviluppo della scienza e delle conoscenze, più coscienti sulla vita in generale, anziché utilizzare questa nostra intelligenza per sviluppare il senso di comunità e di uguaglianza, per creare un felicità comune, ci siamo persi dentro un tunnel che ci ha convinti del fatto che l'uomo, tramite il libero arbitrio, non può vivere in pace in comunità ma ha bisogno di essere governato. Soprattutto oggi, ci troviamo credo nel momento peggiore in cui questa sorta di "gabbia" che doma la nostra essenza è diventata molto robusta. L'uomo ha perso del tutto la consapevolezza di se stesso in quanto essere vivente rinunciando alla propria libertà e finendo appunto in gabbia, e la cosa peggiore è che la gabbia è parte integrante della vita dell'uomo. Lui crede nella gabbia, e la gabbia crede in lui, perchè non esisterebbe gabbia senza uomini e, purtroppo, ci siamo convinti che non esisterebbero uomini senza gabbia. Ma questa non è per niente un luogo scomodo, anzi, inizialmente da tutti i comfort e ti dice:"Tu vivrai, seguendo le mie regole, in felicità, tra il tuo lavoro e la tua casa e tra la tua casa e il tuo lavoro, ed è la condizione più bella che tu possa vivere, l'unica cosa che devi fare è scegliermi"; e l'uomo ha decisamente scelto. Delega, e delegando è convinto di aver fatto il proprio dovere, prima ride, gioisce, poi piange, si lamenta, si stufa e ridelega e con questo meccanismo da alla gabbia sempre più forza. Le sbarre si ingrossano, e più si ingrossano più le guarda con ammirazione, perchè è maledettamente convinto che le sbarre lo proteggano da chissà quale pericolo, e col tempo si dimentica sempre di più come si fa a guardare un altro individuo come un fratello senza pensare che questo debba necessariamente essere una minaccia. Perchè la gabbia è questa, dopo averti promesso i suoi comfort ti impone che se tu vuoi mangiare qualcun altro dovrà restare a digiuno. E noi, ciecamente, abbiamo accettato tutto questo.
Ora, il mio dubbio è: riusciremo a tornare indietro, verso il nostro stato di consapevolezza? Oppure ormai è troppo tardi e andremo progressivamente verso l'implosione e forse la fine della nostra esistenza e del luogo in cui viviamo?
Voi cosa ne pensate?
lalala, lalala, lalala,
Ha un nome che fa paura,
Libertà, Libertà, Libertà"
Questa è un canzone brevissima improvvisata dal grande De André durante un concerto, riprendendola dal film "Nell'anno del Signore".
Agganciandomi a questa vorrei sapere: cosa ne pensate, cari psiconauti, della libertà? Io credo che sia un concetto molto complesso ma anche estremamente primordiale e introspettivo per tutti noi, per questo ho deciso di parlarne con voi, cioè la comunità più "primordiale" (da prendere assolutamente come un complimento) e più aperta mentalmente che conosca, a cui da poco faccio parte.
Vi dico come la penso io. Per quanto riguarda la libertà come concetto generale, io credo parti dal concetto di RISPETTO: io sono consapevole che la mia vita e la mia libertà dipendono dal benessere mio, degli altri e del luogo in cui vivo, quindi per esempio non danneggerò l'ambiente perché so che danneggiandolo danneggerò anche la vita degli esseri viventi, e ne sono consapevole perché il rispetto di tutto ciò che ho intorno legittimerà la mia libertà e viceversa.
Ognuno di noi nasce nella stessa stessa condizione, con lo stesso diritto di mangiare, bere, fare sesso, procreare e quindi in definitiva VIVERE di chiunque altro. Con questo vorrei smontare la tesi per cui se lavori e hai uno stipendio puoi usufruire di ciò che ti serve per vivere (generando artificialmente il tuo diritto a vivere), mentre se non lavori e non hai uno stipendio non puoi approvvigionarti dei beni fondamentali (distruggendo il tuo diritto a vivere) (Piccola parentesi: su questo consiglio di guardare su YouTube il corto "Zero" della Zelaous Creative, molto toccante). Dopodiché, avere un'entità sulla propria testa che tiene le redini del gioco (cioè lo Stato) non dovrebbe servire, perché è anche dimostrato storicamente che l'uomo sappia convivere pacificamente in comunità. A un certo punto della storia dell'uomo è nata la violenza e il bisogno o necessità di dominazione di alcuni individui su altri, specialmente quando le società gilaniche, che si pensa che per più di 5000 anni abbiano vissuto in pace e senza ordini gerarchico-sessisti, furono sovrastate da popoli migranti altamente gerarchizzati provenienti soprattutto dalla Russia. Per questo motivo io sono dell'idea che la violenza non sia una condizione intrinseca nella natura umana. Poi, nel corso dei secoli, e soprattutto con l'avvento della società moderna, in cui siamo diventati ,grazie allo sviluppo della scienza e delle conoscenze, più coscienti sulla vita in generale, anziché utilizzare questa nostra intelligenza per sviluppare il senso di comunità e di uguaglianza, per creare un felicità comune, ci siamo persi dentro un tunnel che ci ha convinti del fatto che l'uomo, tramite il libero arbitrio, non può vivere in pace in comunità ma ha bisogno di essere governato. Soprattutto oggi, ci troviamo credo nel momento peggiore in cui questa sorta di "gabbia" che doma la nostra essenza è diventata molto robusta. L'uomo ha perso del tutto la consapevolezza di se stesso in quanto essere vivente rinunciando alla propria libertà e finendo appunto in gabbia, e la cosa peggiore è che la gabbia è parte integrante della vita dell'uomo. Lui crede nella gabbia, e la gabbia crede in lui, perchè non esisterebbe gabbia senza uomini e, purtroppo, ci siamo convinti che non esisterebbero uomini senza gabbia. Ma questa non è per niente un luogo scomodo, anzi, inizialmente da tutti i comfort e ti dice:"Tu vivrai, seguendo le mie regole, in felicità, tra il tuo lavoro e la tua casa e tra la tua casa e il tuo lavoro, ed è la condizione più bella che tu possa vivere, l'unica cosa che devi fare è scegliermi"; e l'uomo ha decisamente scelto. Delega, e delegando è convinto di aver fatto il proprio dovere, prima ride, gioisce, poi piange, si lamenta, si stufa e ridelega e con questo meccanismo da alla gabbia sempre più forza. Le sbarre si ingrossano, e più si ingrossano più le guarda con ammirazione, perchè è maledettamente convinto che le sbarre lo proteggano da chissà quale pericolo, e col tempo si dimentica sempre di più come si fa a guardare un altro individuo come un fratello senza pensare che questo debba necessariamente essere una minaccia. Perchè la gabbia è questa, dopo averti promesso i suoi comfort ti impone che se tu vuoi mangiare qualcun altro dovrà restare a digiuno. E noi, ciecamente, abbiamo accettato tutto questo.
Ora, il mio dubbio è: riusciremo a tornare indietro, verso il nostro stato di consapevolezza? Oppure ormai è troppo tardi e andremo progressivamente verso l'implosione e forse la fine della nostra esistenza e del luogo in cui viviamo?
Voi cosa ne pensate?