Esistono alcuni riferimenti alla pratica di introduzione del pulque nel corpo per via rettale mediante clistere. Tale pratica, apparentemente insolita, era diffusa fra le popolazioni americane precolombiane ed era impiegata per l’assunzione di diversi inebrianti, non solo le pozioni alcoliche quali il pulque nahua e il balché maya bensì vegetali quali il tabacco, il peyote, le dature, l’ayahuasca, ecc. (si veda Clisteri psicoattivi precolombiani e De Smet, 1985). Díaz del Castillo (1575, Cap. CCVIII), il principale storiografo e testimone della Conquista, riportò: “Riguardo agli ubriachi, non so che dire, tante sono le immondezze che fra loro [i nativi] accadevano; ne dico solamente una qui, che incontrammo nella provincia di Pánuco, che si riempivano il retto mediante alcune cannucce e si riempivano i ventri di vino di quello che si faceva presso di loro, nel medesimo modo in cui da noi si versa una medicina”.4 La cittadina di Pánuco si trova nella regione degli Huastechi (nell’attuale stato messicano di Veracruz), una popolazione che era considerata particolarmente dedita all’ubriachezza – come scrisse Sahagún (X, XXIX, 125) – e alle pratiche di introduzione rettale delle droghe psicoattive (De Smet, 1985: 20). Anche un autore anonimo che scrisse attorno al 1530 (AA.VV., 1963: 326-7) riportò per la regione di Pánuco che “hanno le loro bevande per ubriacarsi: hanno una grande quantità di pulque ricavato dai maguey … usano il peccato nefando gli indios: quando sono nelle loro ubriachezze e feste, quello che non possono bere per bocca, se lo fanno versare dal basso con un imbuto”.5 In questo passo viene quindi aggiunta l’informazione che l’assunzione rettale del pulque veniva eseguita quando i nativi non riuscivano più a berne oralmente.