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Viaggio mistico su uno strano autobus notturno a Roma

FrankBlack

Alpiniste Kundalini
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18 Avr 2013
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In realtà non so se questa discussione sia da pubblicare qui, nel baretto o nel thread "Le mie creazioni" perchè in realtà quello che sto per scrivervi ha a che fare con tutte e tre le cose. Con la sezione "Esperienze" perchè è un resoconto quanto più dettagliato possibile di questa strana serata, col baretto perchè spero di incoraggiare una discussione su tutte le situazioni tragicomiche in cui vi siete trovati e con l'ultimo topic che vi ho citato in quanto, sebbene non abbia mai provato a scrivere qualcosa per pubblicarlo con lo scopo di intrattenere un lettore, ho iniziato a ponderare l'idea di esercitarmi perchè chi mi conosce mi ha detto che sono bravo ad esprimermi. Tra tanti thread inutili non credo sia un gran problema se inquino il forum con qualche pagina di racconto, vorrei anche che mi deste dei consigli sullo stile di scrittura e qualche considerazione su come vi sembra articolata la storia. Prendetelo, se volete, come un divertissement letterario o come lo sproloquio di qualcuno cui piaceva fare i temi alle superiori. Se quello che vi descrivo non vi sembra abbastanza stupefacente da meritarsi tutto il fiume di parole che segue è naturale, io vengo da un posto lontano da realtà enormi come quella romana e mi sento spesso come Clark Kent appena approdato per la prima volta a Metropolis dopo aver passato tutta la vita a Smallville. Gustatevi le mie impressioni e mi saprete dire.
Di seguito il racconto, spero vi divertiate a leggerlo almeno la metà di quanto io mi sia divertito a scriverlo.
- - - - - - - - -

"Che buffa la vita!" pensai mentre acquistavo da un venditore ambulante un bombolone alla nutella scambiandolo col mio euro pescato dagli anfratti del maledettissimo portafoglio che mi portavo dietro. Il disegno dei due grandi nastri da audiocassetta stampato sopra svaniva mentre me lo infilavo nella tasca dei pantaloni bordeaux che indossavo. Mi incamminai mordendo il dolce appena comprato. Lo zucchero cadeva copiosamente dalla ciambella mentre la addentavo riempiendo il vuoto lasciato nel mio stomaco dalla magra cena che avevo consumato parecchie ore prima.

Erano le 2 e mezza passate di domenica mattina quando arrivai alla fermata del bus che avrei dovuto prendere per tornare a casa. Venerdì sera ero stato invitato da una mia cugina che conosco appena. Più grande di me di 3 anni, mi aveva chiesto se mi andava di trascorrere la serata con lei e i suoi amici che non avevo mai visto ma avevo finito per passare la nottata nel parcheggio di un locale frequentato da quelle strane persone che amano definirsi "radical chic" ed ascoltano solo musica "indie" e stanno passando il periodo di transizione che ogni rincoglionito buono a nulla attraversa negli ultimi anni dell'università quando di colpo si accorge di aver fatto una triennale inutile in 5 o 6 anni e di non avere un briciolo di talento o di amore per quello che si ha studiato. In breve si erano fatte le 3 di notte e tutta la comitiva si era accorta di aver perso troppo tempo a tracannare superalcolici mixati con scadenti bibite gassate e che ora era troppo tardi per spendere 5€ ed entrare nel locale. A rafforzare questa tesi si poteva sommare il fatto che metà di loro sproloquiava lamentele sulle proprie vicende personali con la verve tipica degli ubriachi marci. Anch'io avevo blaterato qualcosa a proprosito della meravigliosa scintilla che vedo ogni volta che guardo gli occhi di una mia collega mentre la scopro a ridere e di come avrei voluto raccoglierla e mettermela in tasca per portarla sempre con me. Lei è una ragazza da cui, per qualche oscura ragione dovuta sicuramente a scompensi chimici nel mio cervello, mi sento attratto. L'avevo conosciuta all'università qualche settimana prima e mi aveva subito chiesto l'amicizia su facebook e pochi giorni dopo anche il numero di telefono per invitarmi a ballare. Diceva che i miei cappelli ricci le piacevano parecchio e che il mio accento siculo è bello assai ma ora frequentava un altro più carino, più grande e meglio attrezzato di me. I miei tre bicchieri di vodka e sprite non potevano nulla contro chi ne aveva quasi vuotato una bottiglia da solo e dopo una serata così schifosa e un triste sabato pomeriggio speso a studiare con addosso una lieve e dolce malinconia decido di mandare un messaggio alla donzella in questione per chiederle se potevo unirmi a lei e ai suoi amici per la serata. So così che loro cenano a casa di uno di questi ragazzi ma che dopo il pasto sarebbero andati in una discoteca a mezza metropolitana di distanza da dove abito io. Non ho sonno, non ho nulla da fare e preferisco uscire che passare la serata a guardare il soffitto in preda ai miei stupidi ormoni che mi fanno invaghire di qualsiasi ragazza vagamente carina con cui ho una conversazione più articolata del domandargli l'ora e basta.

Faccio una doccia, mangio uno yogurt e sono pronto per uscire ed andare dall'essere umano di cui avevo scelto di innamorarmi per quella settimana. Arrivo nei pressi del locale con un anticipo di un'ora e mezza rispetto all'orario concordato così telefono ad un amico con cui spesso amo parlare di piacevoli banalità e ci faccio una chiacchierata di mezz'ora, poi passeggio in questo quartiere romano pieno zeppo di discoteche. Mi sembra un grosso e squallido luna park per adulti cresciuti male frequentato da un'umanità marcia e stupida che si fascia di abiti costosissimi e pacchiani per coprire i propri fallimenti e agghinda il proprio scalpo perchè deve nascondere una pochezza caratteriale e una mancanza di ambizioni da far paura. Loro si sfasciano di cocktail e pippotti, per dirla alla maniera dei Club Dogo (citazione da Notte prima degli esami, dall'album "Che bello essere noi", n.d.r.) e poi tornano a casa rischiando il ritiro della patente, qualche anno di carcere e la possibilità di diventare assassini colposi. Si aggirano per quei posti tutti imbellettati con lo scopo di mettersi in mostra con i propri simili nel modo più becero possibile e ne sono soddisfatti. Due di questi indigeni autoctoni preparano una canna d'haschisch nei loro giubotti di pelle e jeans bianchi col cavallo alto e la accendono a pochi centimetri da me. Io riesco a farmela passare attaccando discorso su come si facesse a procupararsi stupefacenti in quel contesto. Loro, manco a dirlo, avevano amici che facevano "il mestiere". Sebbene fossi riuscito a fare solo tre tiri la torcia doveva essere piena di materiale perchè dopo 10 minuti il picco dell'high da thc non faceva che continuare a salire, d'altro canto io non sono parecchio resistente anche se so gestire bene lo sballo. Uno dei due mi stringe la mano quando mi congedo, ha gli occhi ridotti a fessure e barcolla. Mi accorgo che il posto è frequentato da parecchi stranieri, per la maggior parte sudamericani che sembrava si fossero accordati per rispettare lo stereotipo razziale che li vorrebbe gretti narcotrafficanti e puttane dei suddetti. Non fanno altro che sghignazzare vestiti in maniera opinabile con canottiere e camicie col colletto rialzato, snikers bianche appena uscite dalla scatola e vistose collane d'oro con crocefissi in bella mostra. Le donne, con tacchi altissimi, indossavano leggins con motivi fantasiosi stampati sopra o shorts, alcune anche senza calze sotto, sgambettavano ubriache, la coca gli donava un'espressione tesa in viso. Immagino che alcuni di loro si trovassero qui grazie ai proventi del narcotraffico: colombiani, venezuelani e messicani tirati a lucido per una notte di baldoria mi passavano accanto tirando su dal naso come se soffrissero di una brutta sinusite curata male chiacchierando in tono vivace e concitato. "Pendejo!" "fijo de puta" esclamavano di tanto in tanto. Infine soffro una quantità spropositata di freddo aspettando questi ragazzi che si presentano con un ora di ritardo in più sull'orario pattuito.

Quando vedo la ragazza, la mia collega, noto con stranimento che non provo più una particolare gelosia guardandola accanto al ragazzo che le piace. Mi raccontano che loro due hanno cucinato per tutti e mangiato insieme sia il primo che il secondo, poi sono venuti fin lì in motorino ma siccome lei aveva freddo alle gambe lui le aveva prestato i suoi pantaloni termici e ora lo stava a guardare con gli stessi occhi con cui io fissavo lei pochi giorni prima tornando in autobus insieme dopo aver visto una pièce in un bellissimo teatro del centro. Quella sera lei rideva sguaiatamente superando per intensità le risa del resto della platea, la sua manifestazione di ilarità era quella di una persona pura che ama divertirsi e non si vergogna di farlo notare. Un'altra mezz'ora e arrivano anche gli altri tre, rimasti imbottigliati nel traffico della metropoli, giusto in tempo per scoprire che la discoteca che avevano scelto era piena zeppa di persone e che i proprietari non potevano più farci entrare fisicamente dentro altro materiale umano per permettergli di dimenarsi in preda allo sballo da cocaina e alcolici sulle note di scialbe melodie senza senso partorite dall'altra parte dell'oceano per essere riprodotte in quelle anguste sale da ballo. Ci vogliono altri trenta minuti, però, per far capire a tutti che non c'è niente da fare e l'angelo per cui ero uscito di casa inveiva anatemi contro il buttafuori e i proprietari del locale.
<<A pezzi de merda! Ma che ve pare che questi qui me devono sta' a rovinà 'er sabato sera? Ora je meno a 'sti stronzi, porco zi'!>> le sento dire mentre si fa avanti verso di me e mi da una spallata. E' realmente contrariata dalla situazione come una bimba che pesta i piedi in terra se qualcosa le va un po' male.
<<Sei una signorina>> rispondo io <<e le signorine non dovrebbero dire certe cose. E poi non ti hanno rovinato un bel niente.>> Sorrido e le porto il cappuccio del cappotto fin sopra la testa e poi sotto gli occhi.
Questo la fa sembrare per un istante una piccola e dolce eschimese imbronciata, i suoi capelli lisci e castani sono splendidi e luminosi e ha una forcina che le lega una ciocca sopra l'orecchio sinistro incorniciandole il volto con una frangetta. Stanco per i toni della serata e convinto che ormai fosse la cosa migliore da fare saluto tutti e mi incammino verso la fermata del Notturno 2. Sono stanco ma non mi sento sconfitto e come una volpe che non arriva all'uva provo la sensazione di stare perdendo interesse per il mio oggetto del desiderio. I suoi profondi occhi da cerbiatta mi balenano per un attimo in mente.
Un secondo.
Un brivido.
Adesso non ci sono più.

Alla fermata dell'autobus trovo due uomini dalla pelle scura, forse indiani o mediorentiali, dopo un po' arriva una numerosa comitiva di spagnoli che mi chiede indicazioni su come arrivare alla stazione di Piramide e infine due coppie di fidanzati di Crotone, anche loro a chiedermi indicazioni, questa volta per Termini. Inizio a chiacchierarci chiedendogli a quale serata fossero andati. Mi raccontano che amano stare in discoteca e spesso lo fanno anche per due sere di fila ma che devono darsi una calmata perchè ginecologia e infermieria "non si studiano da sole".
<<E' il primo anno che siamo qui e a gennaio abbiamo esami, ma semu cunsumati!>>
<<Quindi venite spesso qui, eh? Per me è la prima volta. Cos'è che vi piace dell'ambiente della discoteca? Insomma guardatevi intorno e capirete quanto tutto ciò sia squallido e ridicolo! Io non amo frequentare questi posti e trovo parecchio stupida e scialba la gente che ci viene a ballare. E' un ambiente estremamente povero e arretrato votato al culto dell'apparire, i buttafuori guardano come sei vestito prima di farti entrare e tutti sembrano giudicare tutti dall'alto della loro ebbrezza alcolica>> mi azzardo a pronunciarmi, ma non trovo un terreno fertile.
<<Eh, che ci vuoi fare, bello mio? Qua è così. Io studio farmacia e lui ginecologia ma a me mi piace la bella vita, amico! Ma però mio padre ha insisito che devo studiare e quindi ci ho detto "ma sì, facciamocela questa vacanza" ma la mattina non mi alzo, resto sdraiato con lei>> ed ammicca alla sua ragazza. Tutti hanno un accento profondamente calabro.
Saliamo sul bus e questi ragazzi mi invitano a sedermi con loro. Occupano i quattro posti sul fondo e io uno di quelli laterali, proprio di fronte ad un ragazzo pallido con un cappello la cui visiera gli copriva quasi per intero la fronte, sonnecchiava piegato su se stesso, le occhiaie stampate sul volto. Poco dopo avrei scherzato sul suo destino da eroinomane coi ragazzi. Loro sono terra terra e mi danno l'impressione di essere rozzi perditempo intenzionati a vivere alle spalle dei genitori. Uno di loro, un ragazzo magro con i baffi e i capelli a spazzola ogni tanto si pronuncia con frasi in dialetto recitandole come fossero scioglilingua per poi sorprendersi ogni volta che gliele traduco in un sobrio italiano, come se non fossi siculo e abitassi ad un lembo di mare di distanza dal porcile in cui era cresciuto. Qualche altra fermata e accanto a me si siede un grosso egiziano col suo ingombrante trench grigio che mi pressa contro la parete del mezzo pubblico. Lui e il suo amico hanno una canna spenta iniziata da poco e ancora da fumare per tre quarti fra le mani e, come da copione, se la accendono sul bus ad un palmo di naso di distanza. Capisco al volo come la Grande Ruota Cosmica ormai fosse in movimento e che le stranezze che avevo vissuto negli ultimi giorni non avrebbero accennato a fermarsi così chiedo gentilmente in inglese ai due tipi se era possibile approfittarne.
<<Cosa? Parla italiano..>> dice l'egiziano col trench.
<<Mi fareste fare qualche tiro, per favore?>> qualche cenno con le mani e il gioco è fatto.
Metto lo spinello tra il medio e l'anulare, il pugno chiuso con entrambe le mani a coppa e fumo sul bus in compagnia dei due sconosciuti, giusto di fronte ai quatro calabresi che vedo sorpresi e attoniti, troppo stupidi per metabolizzare bene le informazioni provenienti dal mondo esterno, continuano a ridere beatamente della loro ignoranza.
<<Eh, qui a Roma è così, però noi non fumiamo, siamo dei bravi ragazzi!>>
La breve sosta alla fermata di Termini è l'occasione in cui lasciano l'abitacolo farfugliando frasi su cosa avrebbero mangiato al McDonald della stazione così mi siedo nell'ultimo posto a sinistra sul fondo, assaporando gli effetti della cannabis che anche stavolta si facevano notare. Ho fumato parecchio di più che ad inizio serata ed anche questi due non si erano risparmiati sulle quantità. Subito il bus viene invaso da altri egiziani, che conoscevano i due di prima e di fonte a me, seduto di profilo, si siede un giovane con la testa rasata che ha in mano delle casse cilindriche per lettori mp3 che pompano a tutto volume reggae e rap e dubstep da raver tossicomani e scoppiati di prima qualità. Su un piccolo dispay illuminato da un led che cambiava colore da blu a rosso a verde c'era indicato l'orario, lui indossava una felpa verde scuro con la bocca di un mostro disegnata intorno al cappuccio che pareva intenzionato ad inghiottirgli il collo, pantaloni verde militare parecchio più larghi rispetto alle sue esili gambe e le sue pupille erano completamente dilatate. Le maniche ritirate fino ai gomiti mostravano parecchi tagli su entrambe le braccia e non faceva altro che agitarsi avanti e indietro al ritmo delle canzoni che canticchiava a tratti. Sembrava sereno come solo i folli possono apparire.
L'autobus ora è pieno zeppo di persone e, terminati i posti a sedere, gli altri si accalcano in piedi, barboni immigrati e studenti festaioli fianco a fianco popolavano il mezzo di trasporto parlando ad alta voce in mezzo a un pungente odore da coffe shop amsterdamita. Lì per lì mi avvolse la dolce confusione che lo sballo da cannabinoidi provoca, una piacevole sensazione onirica che mistifica la realtà e mi estranea mentalmente. Accanto a me prende posto una bellissima donna di circa trent'anni. I suoi tratti nordici mi fanno dubitare che sia italiana ed esito un attimo prima di attaccarci discorso ma esclamo lo stesso:
<<Dio che razza di confusione ci sta su questi autobus di sabato notte!>>
<<Cosa?>> le sento dire con un filo di voce che supera a stento la musica ad alto volume.
<<Parli italiano?>>
<<Sì, ma non ho sentito cos'ha detto>> mi risponde senza nessun accento riconoscibile.
<<Questo autobus!>> le dico <<E' un dannato casino!>>
<<E' sempre così. Sporco e sovraffollato.>> taglia corto lei <<E' la prima volta che ne prendi uno di sabato notte?>>
<<Già, però alla fin fine non è così male come ho detto. Mi affascina parecchio stare in mezzo alla gente. Mi piace immaginare la loro storia e cosa hanno fatto. Prendi per esempio questo ragazzo>> faccio un cenno verso il tizio rasato che continua ad agitarsi seguendo il ritmo <<ha l'aria di uno che frequenta rave e centri sociali, dalle pupille che si ritrova si sarà preso qualche acido>>
<<Lo vedo spesso tornare sui notturni il sabato, l'ho notato perchè è sempre combinato così>>
<<E' da tanto che abita qui?>>
<<Sì, ma non sono italiana, sono russa>>
<<Capisco. Prima le avevo chiesto se parlava italiano proprio perchè i suoi lineamenti sono particolarmente nordici, ma vedo che ha imparato la lingua molto meglio del resto dei miei connazionali>>. Sicuramente più di quanto erano capaci di fare i quattro calabresi.
Lei sorride e la sua espressione fa trasparire una certa soddisfazione.
Sull'autobus c'è una completa atmosfera di festa, gli egiziani accanto a noi sghignazzano nella loro lingua e un altro immigrato sui quaranta balla con un barbone sulle note di Abbronzatissima. La ragazza russa è divertita quanto me, ogni tanto scoppia a ridere coprendosi la bocca col colletto del giubotto. La scena sembra quella di un film e pondero l'idea di mettere per iscritto il racconto. "Naaah, che stupidaggine" mi dico "a chi mai potrebbe interessare una cosa del genere!"
Credo sia il momento giusto per sapere qualcosa in più sul raver anarchico che mi trovo di fronte così mi sporgo un po' e gli dico:
<<Scusa, posso farti una domanda?>>
Lui, completamente alienato, in un attimo riprende possesso della sua mente, spegne l'arnese da cui fino ad un secondo prima proveniva la musica e, un po' allarmato, si gira verso di me e risponde:
<<Certo, dimmi pure>>
<<Hai l'aria di uno che frequenta feste e rave, io sono nuovo in città e volevo sapere se c'è qualche posto carino dove passare il venerdì o il sabato sera>>
Il ragazzo farfuglia qualcosa, è evidentemente stranito.
<<Sì...qua di posti ce ne stanno tanti...ma devi conoscere la gente, hai internet?>>
<<Certo>>
<<Shockrave.fr la conosci? Città morta?>>
<<Cosa? Città morta?>>
<<Sì città morta. Ma lì non ti consiglio di andarci se non conosci nessuno>>
<<Perchè?>>
<<E' una cosa fra di noi. Fra di noi amici. Se non conosci nessuno non ti conviene andarci. Non puoi. Si va nel bosco.>>
<<Nel bosco?>>
<<Sì, come in Jugoslavia o a Berna. Entri nel bosco, hai presente, no?>>
Faccio cenno di aver capito ma il ragazzo pare parlarmi in uno strano codice criptico che solo pochi eletti possono comprendere. Poco dopo avrei scoperto che quello di cui mi stava parlando è un posto, una cittadina abbandonata nei pressi di Roma dal suggestivo nome di Galeria. Poche case dismesse e isolate in cui alcuni gruppi di giovani si danno appuntamento per montare enormi feste illegali. Rave acidi in cui si respira più ketamina che aria e la gente smascella per l'md guardandosi intorno stranita come se si fosse accorta solo ora di dove si trovi. Negli anni passati le forze dell'ordine si erano ritrovate spesso a sfollare i raver e in alcune occasioni erano riusciti a fermare fino a 30 di questi anarchici sovversivi che si divertono a vivere al margine del sistema come i protagonisti di The Invisibiles o Spider Gerusalem, il giornalista tossicodipendente cinico e violento di Transmetropolitan o alcuni allucinati personaggi partoriti dalla mente di scrittori come Philip Dick. Sulla rete si trova anche qualche breve spezzone di riprese riguardanti una di queste feste e l'impressione è quella di vedere uno strano rituale satanico ambientato tra le rovine putrescenti di un triste ambiente urbano che cade a pezzi con sacerdoti pieni di piercing e dilatatori ai lobi che si ergono da sopra mixer enormi ed altari composti da gigantesche casse spinte al massimo della potenza per celebrare quanto di più profondamente irrazionale c'è nell'esistenza umana, il tutto animato dall'energia viscerale e senza nome che ci ha spinto a strisciare fuori dal brodo primordiale e prendere possesso del pianeta. Lui è uno di loro. Torna nella casa dei suoi genitori in autobus facendo ascoltare agli altri passeggeri Brusco a tutto volume, incapace di fermarsi e impegnato a smaltire gli ultimi istanti dello sballo che le droghe sintetiche gli hanno donato come un deus ex machina sceso dall'Olimpo per salvarlo da una vita di regolatezza e sobrietà.
<<Che roba gira da quelle parti? Ketamina, md, acidi?>>
<<Beh, una cosa è sei vai al rave per ballare e divertirti, un'altra è se cerchi la droga. Se non porti niente non trovi niente. Ti conviene guardare in posti come il villaggio globale o altri centri sociali, è facile se conosci le persone giuste>>
Parla velocemente e a volte fatico a stargli dietro, l'erba e la situazione mi avevano fatto completamente perdere la concezione del tempo e mi guardo intorno per capire quanto manchi all'arrivo. Qualche frase sconnessa più in là torno ad appoggiarmi al sedile.
<<Che carini!>> esclamo dopo un po' alla discreta donna che mi siede accanto <<ha notato quei due fidanzatini con quei cappelli con le orecchie da orsetto?>>. La ragazza si sporge, li guarda baciarsi dolcemente e sorride.
Passano ancora parecchi minuti prima di arrivare nei pressi di casa.
<<Le auguro una buona nottata>> dico alla signorina mentre mi alzo per avvicinarmi all'uscita. L'aria è ancora insalubre e qualcuno si è appena acceso un'altra canna.
<<Ciao fratello! Buona notte.>> faccio cenno alla versione più giovane e sbarbata di Bruce Willis ne L'esercito delle 12 scimmie.
Lui strabuzza gli occhi come se si fosse appena materializzato sulla terra.
<<Ciao amico, per quelle cose non posso aiutarti granchè. Perchè non ti conosco. Sai è una roba solo per quelli della cerchia. Città morta. Ricordatelo.>> e fa ok con la mano destra.
Sceso dal bus mi incammino verso casa e penso a quanto affascinante, imprevedibile e pittoresca sia la vita se osservata col tipo giusto di occhi. Adoro parlare con gli sconosciuti e, in generale, l'umanità mi affascina. Attraverso la strada e fendo il freddo che mi avvolge dalla testa ai piedi come un fluido gelato. Penso all'amore, al destino, al significato dell'esistenza e la realtà mi appare come un calderone confuso e sregolato dove l'ordine è mantenuto secondo un copione, una facciata di normalità che nasconde ai più la vera essenza dell'essere umano e la tremenda verità finisce per palesarsi solo a pochi eletti.

In ascensore osservo il mio viso allo specchio e mi accorgo di avere lo scaldacollo pieno zeppo di zucchero a velo che si era accumulato sull'indumento mentre mangiavo il bombolone alla nutella. Mi viene in mente una battuta che uno dei calabresi aveva fatto sulla cocaina e che io non avevo colto, mi guardava ammiccando. Sorrido tra me e me.

"Lo sai che cosa è pazzo? Pazzo è quello che impone la maggioranza!"
 

hendrix68

Holofractale de l'hypervérité
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bel racconto, mi piace come scrivi, simpatico il contrasto tra il tuo stile molto formale e la situazione che è tutt'altro....però sembra che giudichi un po' troppo superficialmente ciò che vedi e le persone con cui parli, come se guardassi gli altri dall'alto...non puoi giudicare così su due piedi situazioni che non potrai capire mai se non vivendole...è come se avessi scritto una storia su tanti libri parlando però solo delle copertine...fidati che ti sei fatto delle idee distorte su molte cose
 

Monad

Holofractale de l'hypervérité
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Sono d'accordo, e' scritto bene, ma sei troppo "duro" nell'analizzare la gente e le situazioni...
 

psyco39

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Bellissimo racconto Frank. Mi è piaciuto molto come ti sei espresso!! Sono riuscito ad immaginarmi quasi tutte le scene, che hai vissuto.

E' un racconto un po' in stile giornalista, tipo quelli delle iene (per esempio) immedesimandoti in un cronista, che affronta la notte cogliendo particolari che alla luce del sole non si vedono, nell'apparente normalità di un impiegato, giardiniere, operaio o lavoratore in generale; che al calar delle tenebre si trasforma in una persona completamente diversa, il gabber, il narcotrafficante, il cocainomane, l'intrippato, l'alcolizzato, ecc. quant'altro si nasconde nella seconda vita di ognuno di loro.
Molto coinvolgente :D
 

FrankBlack

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Mi fa piacere che vi sia piaciuto. Sono d'accordo con voi quando dite che sono stato parecchio duro nei giudizi e sicuramente molte cose le vedo monodimensionalmente, espressioni come "porcile", "scoppiato", "fallito" ecc. non sono sicuramente vezzeggiativi da sala nobiliare ma purtroppo è così che ho recepito queste cose e così ve le ripropongo. Il mio vuole essere un tentativo di raccontarvi la situazione che ho vissuto esprimendo a 360° il mio punto di vista, tutte le sensazioni e le impressioni non sono filtrate nè edulcorate. Se lo avessi fatto sarei stato più vicino allo stile "gonzo" di Hunter Thompson ma non avrebbe rispecchiato la verità per come io l'ho vissuta.
 

Monad

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Allora dovresti metterci la faccia ancora di piu'! Dov'e' il tuo personaggio? Non si sente abbastanza! To vogliamo sbronzo e inacidito come il vecchio Bukowski :D
 

FrankBlack

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In effetti non mi si vede tanto nel racconto. Non vi ho descritto niente di quello che stavo facendo o di come ero. Ok, questo è un ottimo consiglio, grazie mille!! :D
 

psyco39

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bè Frank, dopo il consiglio di Monad, ora ne vogliamo un altro di racconto! XD
 

hendrix68

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:) si però ti prego vai a un rave e poi scrivilo, sono curioso di vedere che ci esce, li di personaggi e sistuazioni strane e surreali ne hai a non finire
 

Psycore

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:) si però ti prego vai a un rave e poi scrivilo, sono curioso di vedere che ci esce, li di personaggi e sistuazioni strane e surreali ne hai a non finire

... e magari scopri che i freeparty (rave è troppo abusato come termine non mi piace) sono ben altro. O per lo meno, c'è tanta gente che lo vive non solo in termini di droga, alcol e musica

Negli anni passati le forze dell'ordine si erano ritrovate spesso a sfollare i raver e in alcune occasioni erano riusciti a fermare fino a 30 di questi anarchici sovversivi che si divertono a vivere al margine del sistema
mah dai? ma sei serio?
 
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