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Sulla dipendenza dalle droghe, contro i moralisti e i suoi falsi critici.

Ming

Sale drogué·e
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5 Sept 2014
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SULLA DIPENDENZA DALLE DROGHE, CONTRO I MORALISTI E I SUOI FALSI CRITICI

Dopo la morte di alcuni ragazzi che avevano fatto uso di sostanze stupefacenti e la chiusura del Cocoricò (famosa discoteca di Riccione funzionale a “sballo e perdizione” frequentata da giovani italiani e turisti) il dibattito sulle droghe è tornato in voga, anche se in realtà nelle nostre collettività non si è mai concluso e non ha smesso di essere un problema di attualità, che tuttavia solitamente tendiamo a non affrontare per evitare di scomodare qualcuno o rompere gli equilibri ipocriti su cui tante volte si reggono le nostre comunità terribili.

Quando si affronta la questione droga, soprattutto tra i compagni, i problemi e i muri che si ergono davanti alla questione e impediscono una discussione e una riflessione attorno ad essa sono l'impostazione morale, puritana e perbenista da una parte e dall'altra l'approccio individualista di chi nega e nasconde il problema.

Non è interessante guardare quanto ognuno di noi faccia o non faccia uso di droghe, ma piuttosto quanto il nostro umore e il nostro stare bene dipendano dall’assunzione o no di sostanze che crediamo ci aiutino a sopportare il peso del presente. Quando ci si tira in mezzo non più per cospirare, per agire, ma per fuggire. In mancanza di una discussione sincera e diretta le comunità diventano luoghi di ipocrisia in cui in nome di una facciata rivoluzionaria si cerca di nascondere un problema che invece dovrebbe essere affrontato, così a volte si finisce per drogarsi di nascosto fuori dagli sguardi dei “compagni inquisitori” e allo stesso tempo si pretende che nei nostri posti nessuno faccia uso delle così dette droghe non leggere.

Non bisogna cadere nel proibizionismo becero e nemmeno nell’ipocrisia libertaria, nella retorica degli spazi individuali. Affrontata la questione nella sua complessità, potremmo immaginare quello che vogliamo trasmettere con le nostre azioni, i contenuti e la forza collettiva che vogliamo far desiderare a chi ci frequenta o a chi non abbiamo ancora avuto la fortuna di conoscere. In questo modo la questione dell’uso di sostanze nei nostri posti può essere posta in termini diversi: ciò che vogliamo condividere con le persone che conosciamo è la vita, la lotta, la gioia, la tristezza e il suo superamento e dentro questa prospettiva ci sono anche le serate alcoliche, le feste in cui a volte si fa uso di sostanze. Ma non è per questo che lottiamo e quando diventa un problema bisogna avere il coraggio di affrontare e di capire i limiti che i nostri corpi e le nostre menti hanno in rapporto all’uso di queste sostanze, siano queste alcooliche, droghe leggere o pesanti.

Quello che ci preme non è tanto parlare del proibizionismo o della libertà individuale, vorremmo analizzare dall’interno, partendo da “noi”, come viene affrontata nella maggior parte dei casi in modo superficiale e morale la questione della droga soprattutto quando questa diventa dipendenza.

Abbiamo letto un articolo che sta girando sui social network, pubblicato dal sito Senza Tregua il 6/02/2013 intitolato: “DROGA E DIPENDENZA: LIBERTÀ INDIVIDUALE O QUESTIONE SOCIALE?”; per quanto l’analisi sia lucida e condivisibile questo testo impone paletti etici che ogni “rivoluzionario” dovrebbe rispettare per essere tale e da cui prendiamo spunto non per criticare l’articolo in sé, ma per porre una riflessione più ampia e contribuire al tavolo della discussione.

OLTRE LA SUPERFICIALITA’, CONTRO LE COMUNITA’ TERRIBILI.

Che la dipendenza dalle droghe non sia una questione rivoluzionaria lo abbiamo capito tutti, così come di certo non è rivoluzionario andare al Cocoricò, bere Coca Cola, andare al concerto della Banda Bassotti o fare un’estate a Frassanito a fare i fricchettoni.

“Il mondo non si cambia dentro di sé, chiudendosi nella ricerca di qualcosa che non esiste, il mondo si cambia con la lotta, con l’azione collettiva che si misura con la realtà concreta, tutto il contrario di quello che droga e alcol forniscono”.

Chi l’ha detto che il mondo non si cambia dentro di noi? Il processo che porta ogni soggettività ad avvicinarsi alla lotta porta con sé uno scontro a 360 gradi con l’esistente: con i genitori che vedono come fallimento la nostra scelta di combattere e lottare contro il capitalismo piuttosto che adattarsi e aggiungersi al gregge, con gli insegnanti, con i padroni, con gli amici che della lotta non ne vogliono sapere, con la fidanzata che ti chiede di scegliere tra lei e i compagni, con l’autorità, di qualsiasi tipo essa sia. Ma nulla è paragonabile alla lotta che si svolge dentro di noi, contro le vecchie aspirazioni, contro le insicurezze, contro le false rassicurazioni, contro le nostre paure e i nostri incubi, contro i nostri fallimenti, nella domanda sulla giustezza delle nostre scelte. E da questa guerra interiore si può uscire più forti di prima o semplicemente non se ne esce.

Abbandoniamo i discorsi circolari, smettiamo di raccontarcela tra di noi e di mostrare i muscoli della “coerenza”, senza affrontare la complessità dell’essere umano. Andiamo incontro a ciò che si cerca di nascondere sempre, ma che in fondo è la causa di ogni nostro fallimento e della riproduzione all’infinito delle nostre caricature: la debolezza del comunismo nelle nostre comunità e nei nostri collettivi politici. Comunismo inteso come forma di vita, come potenza collettiva, come ricchezza di affetti e relazioni.

La questione è capire perché si desidera di più la droga piuttosto che la rivoluzione, cosa spinge i compagni e le compagne a fuggire dalla crudeltà e dalla pesantezza di questo mondo invece che trovare nella lotta gli anticorpi per combatterlo. Ci siamo mai chiesti i motivi per cui i nostri compagni si drogano, quale ferita porti loro a queste scorciatoie di felicità immediata?

GOVERNO DEI CORPI, CRISI DELLA PRESENZA.

Ciò che viene chiamato “crisi” è una forma di governo. Creare delle crisi controllabili per rimandare il più possibile la crisi vera in cui tutto potrebbe essere messo in discussione per davvero. Questo governo permanente dei corpi, delle menti, ma soprattutto dei desideri porta con sé tutta la crudeltà e la pesantezza dell’epoca in cui viviamo. Un’epoca in cui alla solidarietà viene preposto il profitto, dove per essere qualcuno ed essere accettati bisogna apparire e riprodurre automatismi di massa. Le droghe fanno parte di questo “governo della crisi” e il capitalismo ci guida come dei bambini dandoci le soluzioni più immediate per nascondere i problemi, perché in mancanza di rapporti veri e solidi non troviamo la forza per affrontarli direttamente e quindi ci anestetizziamo con le soluzioni che il capitalismo ci fornisce anche illegalmente.

Se un tempo si andava allo stadio, oggi si guardano le partite con Mediaset Premium, prima ci si beccava nelle piazze, oggi esiste Whatsapp; ci si innamorava e ci si corteggiava, oggi non c’è tempo per queste cose da “sfigati”; c’erano le feste di quartiere e oggi bisogna andare in discoteca e spendere un sacco di soldi. Per questo, per tutto il resto, per qualsiasi cosa il capitalismo è pronto a trovarci una soluzione. Non possiamo che annoiarci e sentire il peso di questa noia sulle nostre spalle. La noia produce solitudine e tristezza e la depressione è dietro l’angolo. Ma non ti preoccupare, il capitalismo non ti lascerà mai solo.

A volte si tira fuori il vecchio e stantio ritornello delle droghe “porte della percezione” per aprirci a nuove frontiere d’esperienza. I rivoluzionari non dovrebbero dimenticare che è proprio quando la realtà si appiattisce sempre più su uno schermo e le cose sfuggono di mano e perdono di sapore che si sente il bisogno di “allargare” le nostre percezioni. Quando la nostra esperienza del mondo è a zero si sente la necessità di compensarla con qualche suggestione, qualche visione che ripaghi del vuoto infernale dei nostri giorni, che illuda che sotto la crosta grigia si agiti chissà quale mistero. Ma non c’è nessun’altra dimensione nascosta, c’è un presente da ribaltare negli incontri, negli amori e nella gioia che può fiorire dentro le nostre vite e le nostre lotte.

Stiamo vivendo una crisi della presenza, frequentiamo e agiamo in luoghi senza lasciare mai il segno della nostra potenza collettiva. Bisogna tornare ad abitare i vuoti che il sistema capitalista crea, intessere delle relazioni, degli affetti e della solidarietà rendendoli un’arma rivoluzionaria capace di rendere desiderabile il comunismo, la gioia e la lotta più che una sostanza o una carriera da buon borghese. Rendere gli spazi, i quartieri, le scuole, le fabbriche, i posti che attraversiamo e in cui lottiamo dei luoghi desiderabili, pieni di energia e di amicizia.

COMUNISMO E AMICIZIA

I nostri compagni non hanno bisogno di moralisti o di esperti sulla nocività delle sostanze, ma di amici su cui contare, delle spalle su cui piangere, delle braccia che ti possano stringere, dei compagni che stiano al tuo fianco e che ti facciano sentire la potenza di una comunità in lotta dove nessuno sarà mai lasciato solo e insieme si cercherà di strappare quella felicità tanto sfuggente e così desiderabile.

Cominciamo ad affrontare problemi come la droga facendo autocritica sulle mancanze del nostro comunismo e sulla fragilità delle nostre relazioni, poiché è nello sperimentare, nella gioia e nella rabbia che troveremo gli anticorpi contro la droga, contro la solitudine e contro i vizi del capitalismo. In fondo è rivoluzionario ciò che rende una situazione rivoluzionaria, non la sua semplice enunciazione.

Più sarà maturo il nostro comunismo, meno avremo bisogno di fuggire e affronteremo collettivamente il lungo cammino verso la vittoria.

Comunismo o barbarie!

https://www.facebook.com/notes/auto...alisti-e-i-suoi-falsi-critici/481509415343487
 

Ming

Sale drogué·e
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Questo l'articolo a cui si fa riferimento:

Un bell’articolo pubblicato su gli Altri riapre una discussione antica a sinistra sulla questione della droga. In questi anni la cultura di movimento e della sinistra radicale in generale è stata dominata dalla parola d’ordine della liberalizzazione, della libera scelta individuale. Troppo spesso questo ragionamento ha portato a dimenticare la dimensione sociale del fenomeno e dello scopo finale che la droga rappresenta. Con l’avanzare della crisi e l’emergere di aree di fortissimo disagio sociale è forse il caso di aggiornare l’analisi e porre la questione in altri termini. Non volgiamo che questo articolo venga preso per becero moralismo, né accomunato alle varie richieste di natura repressiva che vengono da destra. Vogliamo al contrario porre alcuni elementi di riflessione perché un dibattito serio sulla droga è quanto mai necessario. Per capire di cosa parliamo bisogna partire da alcuni dati. Secondo alcune stime nel 2015, con l’aggravarsi della crisi il consumo di droga aumenterà, con un’incidenza marcata tra i giovani. Si stima che il consumo di eroina, droga in forte ascesa in questo momento arriverà a lambire quota 300.000 persone, in stragrande maggioranza giovani, quello di cocaina circa 700.000, ossia quasi il 2% della popolazione italiana, quello di droghe sintetiche 250.000. Solo pochi anni fa una bella inchiesta di Loris Campetti dal nome significativo “quanto tira la classe operaia” pubblicata nel 2008 sul Manifesto, aveva messo in luce l’aumento del consumo di droghe, ed in particolare della cocaina, in fabbrica. Un consumo ancora maggiore tra le nuove generazioni di operai che rispondevano così all’aumento dei turni di lavoro, ad un lavoro massacrante fisicamente e alla fine della solidarietà di classe e l’emersione di elementi competitivi, introdotti dalla cultura dominante anche all’interno della classe operaia. La droga come risposta ad esigenze fisiche di reggere allo sfruttamento, e come evasione dalla condizione attuale.
Nel 2009 anno in cui la crisi iniziava a manifestare i suoi effetti reali con l’aumento della cassa integrazione e dei licenziamenti, e la chiusura delle prime fabbriche. Nel nord Italia si lanciava l’allarme sull’abbassamento del prezzo della cocaina, divenuta droga di diffusione di massa. Le inchiesta parlavano di costo di una micro dose, pari a quello di un aperitivo. La cocaina passava così da droga per “ricchi” a droga di massa, proprio negli anni della crisi con una notevole diminuzione del suo costo. Gli effetti immediati della cocaina sono quelli che consentono di reggere maggiormente la fatica di ritmi di lavoro esasperati. Una droga favorevole al sistema quindi, che ti consente di reggere dove fisicamente non ce la faresti. Eccone spiegata la grande diffusione avuta in questi anni. Non si tratta di un fenomeno nuovo.
Per capire di cosa stiamo parlando forse è bene citare un brano di Engels riferito alla condizione degli operai inglesi alla fine dell’800. “Tutte le lusinghe, tutte le possibili tentazioni si uniscono per spingere gli operai all’ubriachezza. L’acquavite è per essi quasi la sola fonte di piacere, e tutto congiura per mettergliela a portata di mano. L’operaio ritorna a casa stanco ed esaurito dal suo lavoro; trova un’abitazione priva di ogni comodità, umida, sgradevole e sudicia; ha un acuto bisogno di una distrazione, deve avere qualcosa per cui valga la pena di lavorare, che gli renda sopportabile la prospettiva delle fatiche del giorno successivo… in simili circostanze esiste una necessità fisica e morale, per cui una grande parte degli operai deve soggiacere all’alcool… Ma come è inevitabile che un gran numero di operai cada vittima dell’ubriachezza, così è anche inevitabile che l’alcool eserciti i suoi effetti distruttivi sullo spirito e sul corpo delle sue vittime”
Engels riferendosi al problema del crescente alcolismo tra gli operai inglesi, individua nella situazione materiale dello sfruttamento capitalistico le cause che spingono gli operai in massa a consumare alcol e la finalità ultima del sistema negli spiriti distruttivi che piegano moralmente e fisicamente la classe operaia. Oggi le sostanze sono cambiate, o forse sarebbe meglio dire sono aumentate, ma il risultato è sempre lo stesso.
L’aumento del consumo di cocaina, insieme con le droghe sintetiche, è servito anche a rompere una barriere psicologica di massa. Con l’acuirsi ulteriore delle conseguenze della crisi, anche la cocaina nonostante l’abbassamento diventa troppo costosa. E il consumo di eroina cresce, con percentuali importanti. Non è un caso questa volta che la crescita del consumo di eroina avvenga quando il disagio sociale imbocca la strada della protesta. Chiunque abbia un po’ di memoria tra i meno giovani ricorderà l’utilizzo scientifico che l’eroina ebbe nella fine degli anni ’70, producendo i suoi effetti nel decennio successivo, sui movimenti sociali tanto in Italia quanto nel resto del mondo occidentale. L’eroina agì con forza paragonabile alla repressione più brutale, perché è quella che non subisci esternamente ma vedi crescere internamente. Tra le fila dei militanti dell’autonomia e della sinistra extraparlamentare l’eroina ha fatto infinitamente più vittime della repressione dello Stato. È bene tenere sempre a mente quella lezione.
La stragrande maggioranza dei giovani oggi è alle prese con disoccupazione, precarietà, insicurezza sul proprio futuro. Una situazione che si somma alla mancanza di riferimenti culturali in grado di prospettare una possibilità di cambiamento effettivo. Questo binomio tra la percezione del mondo di merda in cui si vive e la mancanza di soggetti percepiti come in grado di cambiarlo, spinge a chiudersi in soluzioni individuali in cui la ricerca del cambiamento non ha dimensione reale e collettiva, ma è fatta di isolamento e virtualità. È un fenomeno di dipendenza di massa che non è limitato alle ipotesi precedenti, ma che riguarda in particolare l’alcol e il consumo di droghe sintetiche. Tutti gli indicatori – se mai ce ne fosse bisogno e non basti guardarsi intorno – parlano di una diffusione dell’alcolismo tra le nuove generazioni che ha avuto una crescita esponenziale in questi anni. Il nostro non è moralismo perché conosciamo bene la differenza che intercorre tra il consumo di bevande alcoliche in momenti di socialità, con i propri amici e la sistematica necessità dell’abuso di alcolici presente in un numero sempre maggiore di ragazzi, come elemento necessario ed unico di evasione dalla realtà.
In questi anni il tema della dipendenza è stato sottovalutato dal punto di vista sociale, per le conseguenze sul livello di massa che esso comporta, come elemento di controllo sociale e come ricerca di forme di soluzione individuali allo sfruttamento e alla situazione attuale. Ma il mondo non si cambia dentro di sé, chiudendosi nella ricerca di qualcosa che non esiste, il mondo si cambia con la lotta, con l’azione collettiva che si misura con la realtà concreta, tutto il contrario di quello che droga e alcol forniscono.
La droga e la dipendenza da sostanze in generale, sono fattori apertamente controrivoluzionari e come tali vanno considerati e trattati da chi aspira a costruire nel nostro paese le premesse per un cambiamento reale dello stato di cose presente. L’analisi sulla libertà individuale, deve cedere il passo a quella sulla dimensione sociale, sulle finalità ultime. Combattere la droga vuol dire combattere il sistema. Farla sparire dai nostri quartieri ridando speranza di cambiamento reale ad una generazione un nostro dovere rivoluzionario.

Droga e dipendenza: libertà individuale o questione sociale? | Senza Tregua - Giornale Comunista
 

~Møgõrøs•

Elfe Mécanique
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Okay ma ricordiamoci che ci sono le droghe, e ci sono le sostante enteogene... Qua non so di che cosa si parla in particolare, ma non ho mai sentito parlare di dipendenza da funghi o da salvia...
 

papo86

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infatti... bisogna distinguere dalle droghe che generano dipendenza (alcool, tabacco, cocaina, eroina...) e da quelle che invece sono mere "chiavi" chimiche per l'accesso a diversi stati di coscienza (allucinogeni, empatogeni ecc)

La dipendenza psicologica, comunque, è sempre possibile (ma lo è anche per il gioco d'azzardo, la pornografia, ecc)
 

Ming

Sale drogué·e
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Credo che il punto del discorso inerente gli psichedelici non fosse tanto la possibilità di indurre dipendenza quanto la visione di essi come una fuga dalla realtà. Posizione chiaramente dicutibile ma comunque un buon spunto di riflessione: "è proprio quando la realtà si appiattisce sempre più su uno schermo e le cose sfuggono di mano e perdono di sapore che si sente il bisogno di “allargare” le nostre percezioni. Quando la nostra esperienza del mondo è a zero si sente la necessità di compensarla con qualche suggestione, qualche visione che ripaghi del vuoto infernale dei nostri giorni, che illuda che sotto la crosta grigia si agiti chissà quale mistero".
 

~Møgõrøs•

Elfe Mécanique
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Son del parere che gli psichedelici siano tutto fuorché una fuga dalla realtà... Chi li cerca per fuggire dalla realtà termina nella follia o nel suicidio.
 

BlueFire

Holofractale de l'hypervérité
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Ma infatti l'articolo parla di alcol e sintetiche (credo intese come stimolanti)...
Ora è tardi e ci ho messi un'infinità a leggere: domani edierò una risposta completa. Notte :)

Edit. Vabbè, rispondo direttamente data la quantità di altre risposte.
 

~Møgõrøs•

Elfe Mécanique
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BlueFire a dit:
Ma infatti l'articolo parla di alcol e sintetiche (credo intese come stimolanti)...
Ora è tardi e ci ho messi un'infinità a leggere: disegni edierò una risposta completa. Notte :)

Si si, il problema è che molto spesso le cose che dovrebbero essere guardate da punti di vista diversi sono bollate come "la stessa cosa". In un'ottica più profonda sicuramente è così, ma sappiamo tutti che un mangiatore di cactus ha poco a che vedere con un ubriacone.
 

man from Armenia

Holofractale de l'hypervérité
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Il potere allenta il controllo sulle sostanze che distaccano dalla realtà se ha interesse che questo colpisca le sacche di popolazione dove si possa raccogliere il malcontento, questo è un fenomeno perfettamente logico

in questi articoli komunisti direi che c'è un piccolo errore, la coca si è diffusa nelle classi sociali prima del 2009, l'autore di fa un po' un film su questa sostanza, per il resto condivido il senso generale che resta solido al - di là di questa ricerca della colpa nella cocaina

l'autore sembra non sapere che;

gli slogan del rifiuto della droga come veleno offerto dal sistema sono identici nel senso e nelle parole con quelli del MSI e del Fronte della Gioventù, solo che le barriere ideologiche impedivano ai giovani degli opposti estremismi di allearsi in questa lotta e anzi gli uni accusavano gli altri di essere il veicolo con cui la droga penetrava nella società - subito dopo gli omicidi a via Acca Larentia un'anima bella, poteva essere chiunque, telefonò a una radio caldeggiando la bontà dell'evento con l'accusa che i fascisti spacciavano l'eroina.
Oggi con la stessa violenza contro le droghe ci stanno i ragazzi di FN

i sistemi di governo "comunisti" facevano forte affidamento all'alcol come strumento di controllo sociale, in Europa orientale gli operai erano incoraggiati a farsi un cicchetto prima di entrare in fabbrica. La domenica la si passava nell'osteria a sfondarsi di alcol. Cioè non è il comunismo che ha salvato il popolo dalle dipendenze

gli eredi odierni del comunismo sono a favore del consumo di cannabis e del piccolo spaccio, ovvero: fate pace col cervello, compagni

Queste sono delle incongruenze che chi scrive non spiega e non affronta, si fa teoria, oltre a non sciogliere il nodo, che secondo me è cruciale, se sia legittimo o no per la persona distaccarsi dalla realtà. Ogni sistema politico rivoluzionario se non affronta questo nodo si trova poi a perseguitare le persone per una canna o al contrario ha essere indulgente con la coca

Oggi faccio troppo il filosofo
 

Ming

Sale drogué·e
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Bè ma mica si è detto che la coca sia stata inventata per la crisi, semmai che oggi come allora, ma forse oggi più di allora, essa è funzionale al sistema. Per quanto riguarda i governi comunisti non saprei, ma ricordo di aver visto una serie manifesti d'epoca sovietica propagandare una campagna contro l'alcolismo. Ed in merito agli "odierni eredi del comunismo", l'articolo tratta esattamente questo punto, ovvero la necessità di aprire un dibattito sull'uso e consumo di sostanze tra i compagni, proprio in merito alla domanda se sia giusto o no distaccarsi dalla realtà. In merito alle "barriere ideologiche" siamo OT e quindi lascio stare.

Ho postato l'articolo non tanto per il suo messaggio principale, visto che si rivolge a socialisti rivoluzionari, quanto per le riflessioni che può stimolare in un fruitore di sostanze. Le droghe possono essere funzionali al sistema? Anche l'uso "spirituale" delle droghe può essere in fondo una semplice fuga dalla realtà? Andare costantemente alla ricerca di "qualcosa in più" può essere un modo sbagliato di approcciarsi alla vita? Ora mi aspetto che i più tanti qui si alzino ad urlare un coro di indignati NO, per conto mio vale invece la pena di mettersi in dubbio.
 

man from Armenia

Holofractale de l'hypervérité
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Blondet ha scritto sulla ragazza morta a Messina

C'è una adiacenza tra droga, libertà e controllo, Da una passi all'altro a seconda della vicende e della interpretazioni.
Vuoi essere libero, diventi schiavo; sei schiavo, diventi libero. Sembra che tutto ruoti intorno alla libertà, libertà della mente, libertà del corpo.
La droga ti rende libero con la mente quando sei schiavo col corpo? Forse una risposta - mia opinione personale - è proprio che la psiche non libera il corpo. Forse dovresti liberare entrambi. Se provi a liberare uno e non l'altro sei più schiavo di prima o diventi lo schiavo che prima non eri.

L'articolo di Blondet è orribile ma coglie un punto vero, il ribellismo del piercing, del vivere allo sbando, droga e sesso a sedici anni non per amore e per libertà ma per testimoniare l'appartenenza al branco non sono libertà, sono omologazione a un gruppo gerarchico chiuso. LE bande, le gang, le comunità con una sola musica, un solo modo di vestire, un solo modo di fare festa possono diventare trappole come una caserma o un collegio.

Evviva il sesso, evviva la gazzarra con gli amici. Possono essere cose fantastiche, essere pienamente vita.

Quando però uno crepa, e crepa dopo mesi di sbando, quella è un'altra cosa. Non raggiungi i tuoi obiettivi, non sei felice, un giorno è uguale all'altro, la droga non è più un "di più" ma una fuga dallo squallore che ti circonda, allora no, vuoi uscire dal gruppo e non lo puoi fare liberamente, allora fermi tutti!

Un mio amico su fb ha detto che anche l'anarchia ha le sue regole se vuoi viverla, se una persona muore la società deve farsi delel domande, troppo facile mettere un cadavere alla gogna, beffeggiarlo da morto - Troppo facile

Ci sono persone che son libere senza sostanze e altre schiave con le sostanze, e il contrario di entrambe le cose

LA politica, l'ideologia e la filosofia sembrano troppo rudimentali, o,lo sono nella società che viviamo, per analizzare questi concetti
 

BlueFire

Holofractale de l'hypervérité
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Allora:
Intanto non so dove cercare, ma sarebbe interessante quanto i veri dati del 2015 si avvicinino ai numeroni delle stime dell'articolo (così per curiosità)
Penso che, volontariamente o meno, qualsiasi cosa che ti faccia evadere dalla realtà sia una specie di fuga e non per forza inteso negativamente: magari fuggi perché vedi tutto piatto (Non sto a ripetere il discorso fatto in tutti gli altri post), o magari perché brami nuove conoscenze e quelle di questa realtà non ti sembrano abbastanza e vuoi allontanartene. Cercare sempre qualcosa in più può essere positivo o meno a seconda di cine sdi sfrutta la cosa: esempi positivi e negativi:
-la maggior parte delle grandi menti della storia sono persone che non rischiano a stare nei confini di ciò che era già stato scoperto, e alcuni di loro hanno cambiato il mondo
-andare sempre più a fondo con qualcosa fino a basare la propria vita esclusivamente su di esso non mi pare positivo (eccetto, egoisticamente da persona che vive si questo pianeta, nel primo caso, quando questi porta magari a stravolgere la scienza con una grande scoperta derivata da una vita di deduzione a tale cosa)
Poi ci sarebbero molti altio esempi -che però non mi vengono in mente- e il confine tra tutto questo non è mai netto.
Riguardo l'uso spirituale idem. Se lo fai perché sei ossessionato dal prezzo mancante di quel gigantesco puzzle universale/ metafisico/ multidimensionale sono tendenzialmente a favore: vivere una vita con quel dubbio può essere decisamente frustrante. Se lo fai come scusa per non fare altro allora generalmente non sono pienamente d'accordo. Poi ognuno per me può fare ciò che vuole finché non nuoce ad altri: la vita è sua e se è felice ok.
Quoto abbastanza il secondo post di Man, aggiungendo all'ultima frase che per me nessun sistema può essere realizzabile perché ci sarà sempre qualcuno a rovinare tutto.
 
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