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Gli psichedelici sono agenti decondizionanti?

sd&m

Holofractale de l'hypervérité
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7 Mar 2010
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"Dal punto di vista dell'ordine costituito, è forse legittimo considerare le droghe psicodeliche come agenti sovversivi. Esse sono in grado di spalancare le "porte della percezione", spesso potenziando una capacità di penetrazione che permette di vedere oltre la miriade di pretese e d'illusioni, che costituiscono la mitologia della Posizione Sociale. Le sostanze psichedeliche, quindi, nella misura in cui le strutture del potere, per puntellare e stabilizzare le loro egemonie, poggiano sulla accettazione popolare controllata del mito della Posizione Sociale, rappresentano veramente una sorta di minaccia politica"
(David Solomon)

"Dal punto di vista dei valori stabiliti del mondo antico, il processo psichedelico è pauroso e pazzesco, è una psicotizzazione deliberata, un disfacimento suicida della stabilità, del conformismo e dell'equilibrio che l'uomo deve sforzarsi di raggiungere. L'esperienza psichedelica, che coinvolge la coscienza e fenomeni interni, invisibili e indescrivibili, e moltiplica la realtà, è spaventosamente incomprensibile per chi aderisca ad una filosofia razionale, protestante, volta al successo, behaviorista, equilibrata, conformista"
(Timothy Leary)

"Il rinnovamento profondo dei dati coscienziali di base, i veri e propri capovolgimenti interiori, che può provocare una esperienza con L.S.D., urtano dunque contro vari tipi di paura, conscia o inconscia: la paura di perdere il controllo razionale, quella del disorientamento e della confusione, la paura di compiere qualche cosa di vergognoso o di ridicolo; la paura di autoscoprirsi, ossia di scoprire, in noi stessi, qualche cosa che non vogliamo affrontare; la paura che possiamo chiamare culturale, ossia il timore di appurare certe verità circa le istituzioni con cui ci identifichiamo, di perdere molte illusioni circa talune nostre condotte o doveri sociali, ecc.; ed infine la paura ontologica, cioè di scoprire un mondo assolutamente nuovo e sconvolgente a cui non siamo preparati, e che potrebbe forse assorbirci al punto di non poter tornare più indietro"
(Emilio Servadio)
 

Abej^a G.

Holofractale de l'hypervérité
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20 Fev 2013
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Una teoria sugli effetti : cannabis come decondizionante sociale


L’uso delle sostanze psicoattive è stato interpretato dal farmacologo canadese Ronaid Sìegel in termini di “bisogno primario” dell’umanità. Le droghe (che, legali o illegali, sono state universalmente usate) sarebbero “agenti adattogeni”, che aiutano gli individui a far fronte ad una serie di esigenze esistenziali (cfr. Siegel 1989). Potremmo affermare che, a dispetto del diffuso stereotipo che equipara l’uso di droga a “fuga dalla realtà”(vale a dire dal “mondo esterno”), la “realtà” non è univoca, ma è mediata e condizionata da molti fattori; ‘uso di droga, beninteso se controllato, influisce su questi fattori.

Nel contesto di questo approccio, possiamo ritenere che l’effetto della cannabis abbia una specifica caratteristica: quello di “decondizionamento culturale”. Per condizionamento culturale intendiamo un fenomeno per cui l’attività mentale sì svolge attraverso schemi prefissati, assorbiti dall’educazione e dal contesto culturale, che sfuggono al controllo cosciente; essi si concretano in “modalità di interpretazione e di comunicazione” (cfr. Arnao1982,p.60).

Questi condizionamenti hanno peraltro una loro funzione, laddove agevolano i rapporti degli individui nel contesto della attività “normale” e produttiva. Accade però spesso che vengano adottati in maniera automatica, al di fuori delle circostanze che li rendono necessari: L’automatismo si manifesta nella tendenza a riprodurre nel contesto delle attività ricreative, delle pause di riposo, moduli dì comportamento che sono tipici dell’attività produttiva.

Il concetto di “condizionamento culturale è confermato dal fatto che una evasione temporanea e ciclica dei condizionamenti e una costante della condizione umana: in ogni cultura esistono momenti e luoghi in cui la gente “si lascia a andare”, o addirittura assume una identità diversa: è tipico il caso del Carnevale. Sul piano biologico, l’esigenza del decondizionamento è dimostrata dal fatto che la funzione del sonno come momento di recupero biologico è legata alla cosiddetta “fase REM”, in cui avvengono i sogni: vale a dire che la funzione principale del sonno è legata ad un momento dì attività mentale dì tipo diverso da quella “normale” dello stato di veglia.

Fra i condizionamenti culturali ci sembra interessante accennare a quegli effetti che riguardano: le percezioni sensoriali, il rapporto col tempo e l’esperienza degli oggetti.

  1. PERCEZIONI
    - Potenziamento del momento interpretativo e a un affievolimento dell’input diretto degli stimoli sensoriali: un colore, una tig uno scenario, vengono sottoposti ad un processo di interpretazione piuttosto che di osservazione delle loro qualità intrinseche.
  2. TEMPO
    Tendenza a vivere nel presente facendo un continuo riferinto all’esperienza (passato) e alla anticipazione/pianificazione (futuro).
  3. OGGETTI
    Gli oggetti vengono percepiti in base alle loro “funzioni” piuttosto che sulle loro qualità.
    Come si è visto ai paragrafi precedenti, gli effetti della cannabis sulle percezioni, sui riferimenti temporali, sull’attività mentale agiscono in direzione opposta a quella che instaura i condizionamenti.

L’effetto della cannabis, nella misura in cui elimina una serie di condizionamenti acquisiti con la crescita e l’adattamento alle esigenze i società, è stato accostato al recupero di una dimensione “infantile”:
“[...] l’adulto, sotto gli effetti della cannabis, percepisce il mondo ci meraviglia e la curiosità di un bambino; dettagli che sono normalmente ignorati catturano l’attenzione, i colori sembrano più chiari e più vivi e nuovi valori possono essere scoperti in opere d’arte che prima sembravano avere poco significato…” (Grinspoon-Bak 1993,p.14.1).

“Gli effetti che prediligo nel fumo sono: disponibilità al gioco, cor trazione calda e piacevole con qualsiasi cosa io stia facendo, senza farmi ossessionare dalle altre cose ancora da fare, insomma un rapporto con la realtà che mi ricorda in maniera precisa quello che avevo da bambino. Per me il fumo non fa “fuggire dalla realtà”, ma mi permette di starci dentro lìbero da tutte le incrostazioni accumulate con l’età. Per questo trovo assurdo che fumino i giovanissimi” (testimonianza raccolta dall’autore).

fonte : “cannabis. uso e abuso” di Giancarlo Arnao


"[...] anche altri stati modificati di coscienza, come quelli prodotti da alcune tecniche di meditazione, possono essere intesi come acceleratori dell’elaborazione delle informazioni, potendo anche produrre un effetto decondizionante nei confronti di esperienze emozionalmente disturbanti”. (M. Giannantonio, 2002).
 
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