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Aconitum Napellus

rango

Sale drogué·e
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Cristina Gandola Avvelenamento da aconito | Salute - Scienze News .IT

L’aconitina viene rapidamente assorbita dopo ingestione orale o anche per contatto dermico. L’ingestione di 3 grammi di droga fresca può portare alla morte un uomo in poche ore. Gli alcaloidi dell’aconito colpiscono principalmente il cuore, il sistema nervoso centrale e periferico. L’aconito, rimedio usato per numerose patologie soprattutto nella medicina orientale, assunto in dosi superiori a quelle terapeutiche provoca intossicazioni in misura proporzionale alla quantità somministrata.

L’intossicazione è molto rapida, dopo un periodo di latenza compreso tra 10 e 90 minuti dall’ingestione alla comparsa dei primi sintomi, il paziente sviluppa una combinazione di affezioni a carico dell’apparato cardiovascolare: palpitazioni, difficoltà di respiro, ipotensione, bradicardia, tachicardia, aritmia ventricolare, edema polmonare; gastrointestinale: nausea, dolore addominale, diarrea; oltre a disturbi sensoriali e motori, tipici dell’avvelenamento da aconitina.

I sintomi iniziano con un’immediata comparsa di prurito e formicolio che dalla bocca si estende a tutto il volto e poi dalla punta delle dita progredisce lungo gli arti con tendenza ad estendersi a tutto il corpo fino alla completa anestesia. Procede con l’ottundimento della sensibilità degli organi di senso, in particolare vista e udito, poi compaiono sintomi di difficoltà respiratoria, bradicardia, polso debole, ipotensione. Il paziente percepisce prima calore diffuso, poi intenso calore interno e poi subentra la febbre elevata, secchezza cutanea e mucosa: di rado compare una sudorazione calda e profusa, che in genere rappresenta il superamento della crisi. La pelle può ricoprirsi di un’eruzione di tipo miliare accompagnata da forte prurito. Polso e respirazione accelerano e il paziente viene pervaso da grande agitazione psico-motoria.
Secondariamente, entro 2-6 ore, seguono sensazione di freddo, la temperatura del corpo si abbassa, sudorazione appiccicosa, dilatazione delle pupille, aumento della salivazione, nausea, vomito, diarrea sanguinolenta, disturbi del ritmo cardiaco, il polso flebile; il paziente si immobilizza per diffuse paralisi dei muscoli scheletrici, poi viene scosso da convulsioni tetaniche parziali accompagnate da grande debolezza muscolare e depressione respiratoria; infine si verifica la morte per paralisi respiratoria.
La coscienza permane lucida fino agli ultimi istanti. L’avvelenamento può essere molto pericoloso e portare alla morte specialmente con l’uso di radici di aconito non adeguatamente trattate, con dosi elevate o con l’uso non corretto di tinture.

Data la velocità della comparsa dei sintomi, in certi casi appena 10 minuti, è stato ipotizzato che l’aconitina e gli altri alcaloidi dell’aconito possano essere rapidamente assorbiti nel primo tratto gastrointestinale.

Fenomeni di irritazione e intossicazione lievi possono verificarsi anche al solo contatto con la pianta poichè i principi attivi possono essere assorbiti anche attraverso la pelle. L’assorbimento cutaneo si può verificare anche semplicemente tenendo in mano per qualche tempo delle piante di aconito.
Casi di avvelenamento del bestiame sono stati riportati anche dalla medicina veterinaria sebbene generalmente gli animali imparano a selezionare ed evitare di brucare le piante tossiche.
Cura dell’avvelenamento

Nel caso in cui il paziente non abbia assunto una dose letale di preparati a base di aconito e se il personale sanitario riconosce prontamente la causa dell’avvelenamento, le probabilità di guarigione sono molto elevate.
Nei casi più lievi, alcuni effetti come diarrea e intorpidimento, vengono considerati una reazione normale del trattamento medicamentoso.
Nel caso in cui il paziente assuma una dose eccessiva di preparati a base di aconito, dovrebbe cercare di provocarsi il vomito o sottoporsi ad una lavanda gastrica entro pochi minuti dall’ingestione. Ad assorbimento avvenuto, non essendo disponibile alcun antidoto, la terapia può essere solo sintomatica.
Per dosi molto elevate la morte può essere quasi istantanea.
Nei paesi asiatici in cui è diffuso l’uso delle preparazioni di aconito, la mortalità in ospedale è del 5,5%. Tali stime non prendono in considerazione i casi in cui l’avvelenamento da aconito non viene diagnosticato correttamente oltre ai casi in cui l’intossicato non si reca in ospedale.

Un importante elemento diagnostico è il caratteristico formicolio che può essere esteso a tutta la superficie corporea.
Nella terapia sintomatica i pazienti ricevono trattamenti di supporto specifici per i diversi sintomi.
Per prevenire gli effetti sul cuore è utile l’uso parenterale di solfato di magnesio. Se subentra tachicardia e aritmia ventricolare, il paziente viene trattato con carbone per via parenterale. I farmaci antiaritmici non hanno mostrato effetti positivi uniformi.
La temperatura del corpo deve essere mantenuta mediante riscaldamento. E’ indicato l’uso degli analettici cardiaci e respiratori ed è stato dimostrato sperimentalmente il valore terapeutico di un trattamento con atropina.



Pianta velenosa Aconito


Pianta velenosa Aconito (Aconitum napellus)

La pianta velenosa Aconito si caratterizza per il fiore molto bello e decorativo per cui ha attratto l’attenzione dell’uomo anche in tempi molto remoti. Ovidio racconta che l’Aconito, pianta tipica degli inferi, fosse stata seminata da Cerbero il custode dell’aldilà. La bava di questo cane, furioso di ritrovarsi alla luce del giorno, quando cadeva sulla terra si trasformava in Aconito.



Questa leggenda si ispira chiaramente alla tossicità, ben nota anche a quei tempi, di questa pianta, tanto che si sa che i dardi e le frecce del tempo venivano intinti nel succo delle radici per renderle più efficaci in battaglia. La particolare forma ad elmo del fiore ha ispirato anche in Europa credenze e superstizioni arrivando a simboleggiarvi ora i cadaveri erranti ora i monaci eremiti ora il male e la vendetta ora gli amori fedifraghi. Naturalmente anche la magia si è impadronita di questo fiore tanto particolare che è entrato a buon diritto nell’arsenale magico delle fattucchiere di tutti i tempi.


Si è persino creduto che portare sul corpo una spiga fiorita di Aconito rendesse il portatore invisibile. Queste credenze e queste leggende testimoniano comunque l’interesse e il fascino che questa pianta ha avuto per l’uomo; interesse che sovente è stato mortale per qualche nemico o avversario. Infatti tra le piante spontanee velenose questa è sicuramente una fra le più efficaci preceduta solamente da un altro Aconito che cresce nell’Asia centrale che è ritenuto il tossico più cattivo in campo mondiale.

Per ridurre questa tossicità in peso si tenga presente che 3-4 grammi di tubero fresco di Aconito napello sono mortali per un uomo adulto, mentre, a volte, sii sono avute intossicazioni e fenomeni irritativi locali solo a tenerne un mazzo nelle mani perché i principi tossici vengono assorbiti anche attraverso la pelle.

Come la Cicuta, anche l’Aconito venne impiegato per mettere a morte i condannati facendo loro bere un estratto che, se non altro, risulta più veloce nella sua azione mortale della Socratica ombrellifera.

L’avvelenamento avviene per paralisi respiratoria e cardiaca preceduta da dolori viscerali, vomito e diarrea sanguinolenta, abbassamento della temperatura corporea con gravi disturbi alla vista e all’udito. Malgrado questo drammatico quadro l’Aconito se usato nelle quantità adatte si è rivelato un buon analgesico efficace in particolar modo nelle nevralgie del Trigemino, nella sciatica, nella gotta e in tutti i dolori provocati da fatti traumatici.


E’, inoltre, un buon sedativo efficace nelle crisi di tossi spasmodiche, come la pertosse, in alcuni stati asmatici e in alcune malattie dell’albero respiratorio superiore. A volte la pianta fresca viene ancora usata, contusa per applicazioni locali esterne, allo scopo di alleviare i dolori provocati da nevralgie particolarmente dolorose e ribelli ad altri trattamenti.


L’uso per via interna e per via esterna della pianta è da evitare nel modo più assoluto perché le areazioni del singolo individuo non sono prevedibili e anche perché pur preparando con la massima cura i vari estratti questi sono soggetti ad un contenuto assai variabile di principi attivi per cui ogni preparazione di Aconito deve venire titolata con precisione perché la dose curativa è molto vicina alla dose mortale.

Attualmente viene impiegato con successo nella medicina omeopatica dove, viste le grandi diluizioni cui è soggetto, non può certamente presentare pericolosità né reazioni particolari.


Pianta velenosa: l’habitat dell’Aconito

Spontaneo nei boschi di collina e della parte inferiore della montagna su terreno umoso, sciolto e umido. Non disdegna i terreni fortemente concimati ed è quindi facile trovarlo nei dintorni di stalle o letamai dei pascoli montani e alpini.
Per cosa si adopera l’Aconito

Si ritiene che fra le piante spontanee velenose sia una tra le più attive. Le sostanze tossiche sono presenti in maggio misura nelle radici tuberizzate ma, sia pure in misura inferiore, anche le foglie ne sono provviste per cui la pianta deve essere considerata velenosa in tutte le sue parti e non utilizzata nella medicina delle erbe a tipo famigliare.



 

illogic

Holofractale de l'hypervérité
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stava bene pure in "piante"...
 

rango

Sale drogué·e
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in effetti ci ho pensato...lo puoi spostare Illogic? ;)
 

rango

Sale drogué·e
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Aconito, tra storia e leggende
di Cristina Gandola
Sabato 06 Settembre 2008 22:23
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L’aconito è noto sin dall’antichità per la sua velenosità. L’aspetto particolare dei fiori associato alla tossicità della pianta ha dato spunto a miti e leggende che da sempre lo indicano come il fiore della vendetta e dell’amore colpevole. Il potente veleno, contenuto in maggior quantità nelle radici, era già noto ed usato dalle antiche popolazioni Cinesi e Indiane. Altrettanto facevano in tutta Asia, Europa e Nord America. Galli e Germani estraevano il succo dalla pianta intera mentre in India venivano usate solo le radici.
Il succo della pianta serviva ad intingere e rendere mortali frecce, lance, spade e pugnali per affrontare le battaglie con i nemici.
Nell'antica Grecia era usato come veleno giudiziario.
[h=3]

La Mitologia[/h]La fama di questa pianta, considerata malvagia e tossica, è tale da essere citata anche nella mitologia greca e latina.
Ovidio narra che il custode degli inferi Cerbero, cane a tre teste di Ecate, regina dell’Ade, portasse nella bava i semi di aconito. Quando Eracle (o Ercole, nome latino), durante la sua dodicesima fatica, rapì la bestia dall’inferno per portarla sulla Terra, la rabbia del cane era tale che la saliva sbavata, al contatto con il suolo, si trasformava in aconito. Fu in questo modo che la pianta, tipica degli Inferi, arrivò sulla Terra.
Secondo la tradizione popolare ellenica, il nome dell’aconito deriverebbe da Acona, il porto di Eraclea in Bitinia, dove sarebbe germogliata per la prima volta dalla bava di Cerbero.
Ovidio, riguardo a questo episodio, propone un’altra derivazione etimologica:
Ed ecco giungere Teseo, figlio ignoto al padre,
dopo aver placato col suo valore l’istmo
dai due mari bagnato.
Per ucciderlo Medea prepara una pozione,
l’aconito portato con sé dalla Scizia.
Erba, narrano, nata dai denti del cane di Echidna.
Una buia spelonca si apre dalla tenebrosa imboccatura:
da qui, lungo una ripida via,l’eroe Tirinzio
fuori trascinò, legato con catene di duro metallo,
Cerbero che s’impuntava e gli occhi storceva
Non sopportando la luce e gli scintillanti raggi.
E il cane, divincolandosi infuriato, riempì il cielo
Di tre latrati in una volta sola
E i verdi campi spruzzò di bianchiccia bava.
Questa, si pensa, si coagulò trovando alimento
Nel suolo fertile e fecondo,
ed erba divenne capace di avvelenare;
un’erba che nasce e resiste sulla dura pietra,
chiamata perciò aconito dai contadini.
(Ovidio, Metamorfosi, VII, 404-419)​
perciò l’aconito sarebbe una delle piante che Medea, capostipite delle streghe occidentali, avrebbe portato con sé dalla Scizia, dove era germogliata dalla bava di Cerbero, trasformato in costellazione, ricaduta dal cielo sulle pietre.
In realtà “akonè” in greco significa “pietra”, ed è presumibile che il suo nome dipenda dalla caratteristica della pianta di crescere su suoli rocciosi.
Un altro mito greco racconta che la vittima più illustre del veleno dell’aconito fu il centauro Chirone, padre della medicina: venne raggiunto da una freccia avvelenata lanciata da Eracle durante la sua quarta fatica, il dardo si conficcò nel ginocchio del Centauro e nessun rimedio potè alleviare l’angoscia e il dolore, tanto che, essendo immortale, pregò Zeus di farlo morire. Nove giorni dopo la sua morte, Zeus pose la sua immagine nel cielo come costellazione del Centauro.
Secondo un altro mito l’aconito sarebbe nato dal sangue di Prometeo:
Prometeo plasmò gli uomini e donò loro il fuoco di nascosto da Zeus, che quando se ne accorse ordinò a Efesto di inchiodare Prometeo al monte Caucaso, montagna della Scizia. Così Prometeo rimase immobilizzato per molti anni e ogni giorno un’aquila volava sopra di lui e gli rodeva il fegato, che ricresceva durante la notte. Dal sangue fuoriuscito dal fegato di Prometeo si sviluppò l’aconito, simbolo del rimorso.
[h=3]Il Medioevo[/h]La forma ad elmo del fiore ha ispirato credenze e superstizioni in tutta Europa.
Simbolo del cavaliere errante nella mitologia nordica, rappresentava l’Elmo di Odino, il più valoroso guerriero teutonico nella tradizione norvegese. Tale speciale copricapo conferiva a chiunque lo indossasse il potere magico di rendersi invisibile agli uomini. Tale effetto si otteneva anche portando un ramo di aconito sul corpo.
La religione cristiana lo ritiene il cappuccio dei monaci mentre in Francia è popolarmente detto Carro di Venere perché l’apparato riproduttivo assomiglia a quello femminile. Soprannominato Elmo di Giove in Italia, Elmo di Troll in Danimarca, Cappello di Ferro in Inghilterra. A causa della sua velenosità, il nome più appropriato è forse quello tedesco di Erba del Diavolo.
I contadini lo hanno soprannominato “strozzalupo”, come già osservava Dioscoride: in passato si gettavano intorno agli ovili alcuni brandelli di carne mescolata con radici di aconito così i lupi e gli altri predatori, mangiando la carne, morivano avvelenati.
Oltre a rendere invisibili, quest’erba “magica” aveva anche altre proprietà: si dice che riponendo qualche fiore di aconito in un sacchetto sotto il cuscino, verrà stimolata l'intelligenza e la saggezza di chi avrà la fortuna di dormirci.
Era usato nel Medioevo da maghi e streghe per compiere i loro malefici: i maghi si mettevano intorno al collo una pelle di serpente in cui avevano introdotto segatura di radici di aconito per diventare immediatamente invisibili.
Dai verbali dei processi di stregoneria, risulta impiegato dalle presunte streghe per la preparazione di filtri e unguenti di cui si sarebbero cosparse per rendersi invisibili e volare ai Sabba cioè alle loro “riunioni” con il diavolo: le streghe si spogliavano e si cospargevano il corpo con gli unguenti magici, poi, a cavallo di una scopa, una panca, uno sgabello o un animale, anch’essi cosparsi di unguento, uscivano dalla porta o dal camino e volavano al Sabba dove incontravano le altre streghe.
Questo volo immaginario era provocato dalle preparazioni erboristiche che le streghe usavano, infatti l’unguento delle streghe conteneva numerose droghe vegetali provenienti da: Solanaceae, in particolare Atropa belladonna, Datura stramonium, Hyoscyamus niger, Mandragora officinalis, ricche di alcaloidi tropanici come atropina, iosciamina e scopolamina con effetti allucinogeni. Inoltre venivano aggiunti l’aconito (Aconitum sp.), il colchico (Colchicum autumnalis) e numerose altre specie vegetali. Tutte queste piante provocano allucinazioni e offuscamento dei sensi, seguiti da sonno popolato da incubi così, quando cessa l’effetto delle droghe vegetali, rimane una forte confusione mentale con la tendenza a colmare i vuoti di memoria con racconti di fantasia. Ecco perché le “streghe” si convincevano di aver incontrato il diavolo e aver volato su una scopa.
Sempre allo scopo di volare, l’aconito sarebbe stato usato dai tempestari che ne estraevano l’olio con cui si spalmavano il corpo per salire sopra le nubi e scatenare grandinate e nubifragi sulle persone che li avevano contrariati. Per tutti questi motivi, l’aconito ispirò il simbolo della vendetta e del maleficio.
[h=3]L’erba del diavolo[/h]Il soprannome che più si addice all’aconito è quello di “erba del diavolo”. E’ infatti una pianta tanto bella quanto velenosa, anzi, contiene uno dei veleni più potenti che si conoscano, che può essere assorbito anche direttamente attraverso la pelle tenendo ad esempio un mazzo di aconito in mano. Questa pianta contiene vari alcaloidi, il più importante è l’aconitina, tali sostanze agiscono sul sistema nervoso determinando la morte per paralisi cardiaca o respiratoria.
Plinio il Vecchio scriveva che l’aconito poteva essere usato anche come farmaco, come insegnavano gli antenati secondo i quali “non esiste nessun male da cui non derivi qualcosa di buono: ha la caratteristica di provocare la morte dell’uomo se non trova qualcosa da distruggere all’interno dell’uomo stesso. Allora combatte con questa sola cosa, come sentendosi più forte di ciò che ha trovato ed è incredibile come i due veleni, i quali pure da soli sono entrambi mortali, si annientino reciprocamente all’interno dell’uomo, col risultato che l’uomo sopravvive.”
Questa credenza, riferita anche dagli studiosi del Cinquecento, tra cui Castore Durante, sopravvisse fino a qualche secolo fa causando, com’è facile immaginare, molte vittime.
Oltre ad essere considerato un rimedio, il succo estratto dall’aconito veniva anche usato per avvelenamenti.
Solo verso la fine del 1700 l’aconito fu introdotto come analgesico nella medicina scientifica per utilizzarne le cime fiorite e le foglie fresche o essiccate.
Oggi si usano soprattutto le radici tuberose, la cui produzione spontanea è sufficiente per il consumo.
La somministrazione terapeutica provoca rallentamento dei battiti cardiaci e del ritmo respiratorio, oltre a diminuzione della pressione arteriosa. L’uso terapeutico è oggi limitato: in omeopatia lo si prescrive per curare le malattie da raffreddamento, i disturbi cardiaci e le nevralgie.
 
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