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10 Malattie Spiritualmente Trasmissibili

rango

Sale drogué·e
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10 Malattie Spiritualmente Trasmissibil

articolo tratto da “10 spiritually transmitted deseases” di Mariana Caplan
Mariana Caplan, Ph.D.: 10 Spiritually Transmitted Diseases


devo dire che potrei abbinare diverse persone che conosco a uno o più "malattie" descritte 8)


1. La spiritualità “fast-food”: Coniuga la spiritualità a una cultura che celebri la velocità, il multitasking e la gratificazione istantanea, e il risultato più probabile sarà la spiritualità “fast-food”. Quest’ultima è il prodotto dell’illusione, comune e comprensibile, che la liberazione dal dolore proprio della condizione umana possa essere facile e immediata. Tuttavia, una cosa è certa: la trasformazione spirituale non si può ottenere in un batter di occhi.

2. La finta spiritualità.
La finta spiritualità consiste nella tendenza a parlare, vestirsi e comportarsi come immaginiamo farebbe una persona spirituale. È una sorta di spiritualità imitativa che mima la realizzazione spirituale, così come la finta pelle leopardata imita quella autentica.

3. Motivazioni confuse. Benché il nostro desiderio di evolverci sia puro e genuino, spesso è contaminato da motivazioni secondarie come il desiderio di essere amati, di appartenere a un gruppo, di riempire il nostro vuoto interiore; la speranza che il cammino spirituale elimini la nostra sofferenza e la nostra ambizione spirituale stessa; il desiderio di essere speciali, migliori, straordinari.

4. Identificazione con esperienze spirituali. In questa malattia, l’ego si identifica con la nostra esperienza spirituale e la considera come sua; cominciamo a credere di essere la personificazione vivente di certe intuizioni sorte in noi in determinati momenti. Nella maggior parte dei casi, tale malattia non dura all’infinito, benché tenda a prolungarsi maggiormente in coloro che si ritengono illuminati e/o si comportano da insegnanti spirituali.

5. L’ego spiritualizzato. Questa malattia si verifica quando la struttura stessa della personalità egoica si imbeve di idee e concetti spirituali. Il risultato è una struttura egoica “a prova di proiettile”. Quando l’ego si spiritualizza, siamo impermeabili a ogni aiuto, a nuove idee o feedback costruttivi. Diventiamo esseri umani impenetrabili e la nostra crescita spirituale si blocca (in nome della spiritualità stessa).

6. Produzione di massa di insegnanti spirituali. Vi sono molte correnti spirituali alla moda che sfornano una dietro l’altra persone che si ritengono a un livello di illuminazione spirituale ben al di là di quello effettivo. Questa malattia funziona come una sorta di nastro trasportatore spirituale: assorbi questa luce, abbi quell’intuizione e – bam! – sei illuminato e pronto a illuminare gli altri allo stesso modo. Il problema non è tanto che tali persone insegnino, quanto che si presentino come maestri spirituali.

7. Orgoglio spirituale. L’orgoglio spirituale sorge quando il praticante, attraverso anni di sforzi intensi, ha effettivamente raggiunto un certo livello di saggezza, ma usa questo risultato per chiudere le porte a qualsiasi nuova esperienza. La sensazione di “superiorità spirituale” è un altro sintomo di questa malattia spiritualmente trasmessa. Si manifesta sottilmente attraverso la sensazione “Io sono migliore, più saggio e superiore agli altri, perché sono spirituale”.

8. Mentalità di gruppo. Anche nota come pensiero di gruppo, mentalità settaria o malattia degli ashram, la mentalità di gruppo è un virus insidioso che contiene molti elementi tradizionali della co-dipendenza. Un gruppo spirituale decide in modo invisibile e inconscio quali siano i modi giusti di pensare, parlare, vestirsi e comportarsi. I gruppi e gli individui infettati dalla “mentalità di gruppo” rifiutano le persone, gli atteggiamenti e le circostanze che non rispettano le regole, spesso tacite, del gruppo.

9. Il complesso degli Eletti. Il complesso degli Eletti non riguarda solo gli ebrei. Consiste nella convinzione che “il nostro gruppo è il più spiritualmente evoluto, potente e illuminato; in poche parole, è il migliore di tutti”. C’è una grande differenza tra il pensare di avere scoperto la via, l’insegnante o la comunità migliori per sé, e il pensare di aver scoperto “il meglio in assoluto”.

10. Il virus mortale: “Sono arrivato”. Questa malattia è tanto potente da essere potenzialmente mortale per la nostra evoluzione spirituale. Consiste nella convinzione di “essere arrivati” alla fine del cammino spirituale. Il progresso spirituale termina ogni qual volta questa convinzione si cristallizzi nella nostra psiche, poiché quando pensiamo di aver raggiunto la fine, ogni ulteriore crescita è impedita.
 

Abej^a G.

Holofractale de l'hypervérité
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"l'ego spiritualizzato" mette paura...
la numero 10 somiglia tanto alla "vecchiaia" di Don Juan/Castaneda....
 

rango

Sale drogué·e
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la numero 6 è abbastanza diffusa....
 

BlueFire

Holofractale de l'hypervérité
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rango a dit:
la numero 6 è abbastanza diffusa....
Ne ho una in famiglia
Il Rubino mi pare abbia fatto questo per 2 anni in passato...
(almeno ha la decenza di non proclamarsi maestra/andare diffondendo insegnamenti. Ma se sentiste le sue teorie con cui assilla povera gente che potenzialmente potrebbe avere una seria vita spirituale...)
 

hendrix68

Holofractale de l'hypervérité
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avoglia quanti ce ne sono, si l'ego spiritualizzato forse è anche la più diffusa, fortuna si riconosce subito
 

rango

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beh anche la spiritualità fast-food è ai primi posti..
 

Abej^a G.

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giààà
 

Birdbaobab

Elfe Mécanique
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25 Mar 2014
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è vero!

prenderò molto in considerazione questo thread per quel che mi riguarda...

conosco uno super malato di "ego spiritualizzato"! E sì, fa paura.
 

Monad

Holofractale de l'hypervérité
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Colpiscono piu' o meno tutti quelli che iniziano un percorso spirituale, bisogna solo riconoscerle in tempo...

Avete capito?? Inchinatevi davanti al nuovo messia!!
 

rango

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Nullè

Holofractale de l'hypervérité
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mio dio io ho sempre paura di avere l'ego spiritualizzato, credo che sia un mio grande difetto...

bello l'articolo, è scritto in modo molto pop ma da degli spunti molto profondi...
 

rango

Sale drogué·e
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alla fine l'errore più comune è quello di partire giudicando gli altri, perchè si pensa di essere ad un livello spirituale superiore........ma così si commette l'errore di non imparare nulla dalla persona che ti sta di fronte
 

Monad

Holofractale de l'hypervérité
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“When you know how to listen everyone is the guru” Ram Dass

Difficile da ricordare...
 

rango

Sale drogué·e
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Più calmo diventi, più puoi udire

Ram Dass
;)
 

Abej^a G.

Holofractale de l'hypervérité
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lo aggiungo qua:

[h=2]IL GURU E L’EGO SPIRITUALE[/h] Ultimo aggiornamento Lunedì 12 Maggio 2014 16:30 | Scritto da Filippo Falzoni Gallerani


Qualunque forma di dipendenza è cattiva, che sia morfina o idealismo. (C. G. Jung)

La mente intuitiva consiste in una consapevolezza immediata, che non dipende dalla memoria, dal tempo, dall’esperienza o da un processo logico. E’ uno stato immediato e translogico cioè oltre il pensiero. L’intuizione è un tipo di conoscenza-azione che si presenta spontanea in una mente sgombra, ricettiva, attenta, libera dalla confusione e dal conflitto, libera da schemi, da desideri e paure.

Una mente agitata è come uno specchio distorto, una mente condizionata o dogmatica vede solo all’interno delle sue aspettative. Una mente vittima dei conflitti interiori non è in grado di ascoltare e vedere con chiarezza.
L’uomo d’oggi ha estremo bisogno di sviluppare l’intuizione per fronteggiare questo periodo storico di grande trasformazione, caratterizzato dal crollo dei vecchi valori e dall’embrionale emergere della coscienza dell’Unità.



C’è chi ha il problema di trovare un Guru, una guida spirituale che lo liberi dai conflitti interiori e magari risolva anche le questioni mondane, economiche e sentimentali.
E c’è chi ha ancor più problemi perché ne ha incontrato uno e si è perduto nel ginepraio dell’ego spirituale. Mi pare che ciò succeda molto spesso ai seguaci dei Santi e dei Maestri, del passato e del presente.

L’uomo vive prigioniero di mondi concettuali e astrazioni, che lo allontanano dalla percezione diretta di ciò che realmente “è”. In questo modo sperimenta la frustrazione di chi confonde la mappa con il territorio, e vivendo sempre separato dalla vita reale, rimane prigioniero di una gabbia di pensieri. In queste condizioni anche se incontra un vero Maestro, lo percepisce attraverso il filtro della mente, e il rapporto con lui sarà condizionato dal suo modo di vedere e di pensare.
Il problema della religione da secoli è davvero drammatico. Stentiamo a credere che il messaggio di amore di Gesù possa aver condotto a fenomeni come l’inquisizione e che protestanti e cattolici si siano ammazzati per secoli.



E’ impressionante come le parole dei saggi possano essere tanto distorte dalle chiese. Anche molte comunità, ispirate da scopi spirituali e umanitari, si trasformano spesso in luoghi dove i conflitti, invece di scomparire, si amplificano.
Quasi tutti i ricercatori, alla fine, si confrontano con gli stessi problemi. Osservando le dinamiche distruttive dell’io-separato, ci si rende conto che sono alla base di tutti i problemi dell’uomo. Gli ashram non sono diversi dal resto del mondo, ma forse i problemi dell’io si notano di più per la discrepanza tra la realtà dei fatti e gli ideali professati.
Perciò quanto scrivo non vuol essere una critica a chi segue un Guru, anzi: l’incontro con un Maestro è stata l’esperienza più importante della mia vita.
Voglio solo far notare quanto sia facile cadere nei tranelli della mente e i problemi che ciò comporta. Questa confusione mentale è una la condizione normale nell’uomo contemporaneo che tutti, a diversi livelli, dobbiamo affrontare per giungere all’autorealizzazione.
L’Ego è il problema umano per eccellenza. Non critico quindi gli individui, ma piuttosto voglio far luce sugli inganni mentali e i falsi valori che l’uomo accetta acriticamente. Questi erronei presupposti sono la radice di tutti i problemi umani. Per questo che tutti i saggi affermano che lo sviluppo di una nuova coscienza è un’impellente necessità evolutiva
Negli anni con il Maestro, anch’io sono passato attraverso fasi simili a quelle che descrivo. Benché fossi sin da ragazzo un appassionato ammiratore di Jiddu Krishnamurti, ho dovuto passare attraverso gli inganni dell’ego spirituale che, a livello intellettuale, ero certissimo di aver compreso e superato.
Spero che questa mia esperienza possa esser d’aiuto a chi segue un maestro e percorre il sentiero dell’autoconoscenza. L’esempio degli ashram riflette ciò che accade in tutto il mondo che in questa fase è vittima del pensiero che frammenta e distorce.





Incontrare un Maestro
Incontrare un Maestro, un vero illuminato, un individuo equanime e risvegliato, libero dalle prigioni dell’io, che vive in sintonia con il Cosmo, è un’esperienza toccante e indimenticabile. Chi lo avvicina percepisce il suo stato, così differente dalla mente divisa dell’uomo comune. La sola presenza di un individuo del genere può indurre momenti di grande profondità e chiarezza.
Interagendo con lui, facilmente si riconosce la prigione dei pensieri in cui viviamo, e accanto a lui, l’ininterrotto dialogo interno, almeno per qualche istante, s’interrompe. Il vedere con chiarezza i giochi della mente ce li fa abbandonare e conduce ad attimi di autentica consapevolezza. Il Maestro non si perde in pensieri e parole, poiché comunica, come si suole dire, con il cuore. Ci tocca profondamente il fatto che veda nella nostra essenza, senza farsi ingannare dalle maschere che indossiamo, e così di fronte a lui è frequente che emerga in noi quell’autentica trasparenza mentale che induce una magnifica nitidezza percettiva [1].
Spesso dopo un incontro con il Maestro, ci accorgiamo che tutti i problemi che avevamo per la testa si sono miracolosamente dissolti. E’ sufficiente percepire per qualche attimo lo “stato naturale[2]” per ritrovare il contatto con la vita reale e per liberare la consapevolezza dagli inganni del pensiero.

Nello stato naturale la realtà del momento appare nitida e radiosa. In questa consapevolezza si manifesta il vero Maestro Interiore, che ci guida nel qui e ora.
Dalla prospettiva della mente intuitiva scopriamo che la consapevolezza è il Guru e il vivere quotidiano è il nostro vero Yoga. A questo punto si comprende che non è più necessario ritirarsi in un ashram per elevarci spiritualmente. Affrontare con consapevolezza ogni situazione che la vita ci presenta è la nostra vera sadhana [3], la pratica perfetta proprio per noi.
Ritirarsi nella natura o in un monastero a meditare e isolarsi per alcuni periodi dalla vita comune è molto benefico ed è cosa certamente consigliabile.
E’ necessario però esser molto vigili per non confondere la conoscenza del Sé, che libera dal tempo e dal pensiero, con i desideri e le fantasie dell’ego spirituale.





Non vediamo le cose per quello che sono, ma per quello che siamo

Purtroppo gli stati di lucida presenza mentale e di percezione estatica sono passeggeri perché l’ego subito s’impossessa dell’esperienza. Il momento di risveglio presto diventa un ricordo cui ci si attacca, e così ci si riaddormenta nei pensieri e non si coglie l’esperienza attuale, sempre nuova, la verità dell’attimo.
Si è presto di nuovo prigionieri della dimensione concettuale e quindi s’interpreta l’esperienza influenzati da condizionamenti religiosi e culturali.
Anche se abbiamo incontrato un vero Maestro che ci ha offerto un’occasione di risveglio, il rapporto con lui nel tempo sarà il più delle volte condizionato dal nostro modo di vedere e di pensare e, su quelle basi, ci inventeremo una storia più o meno fantasiosa.
Seguendo le pratiche che il Maestro ha suggerito troviamo momenti di grande serenità ed entusiasmo, ma alla fine riemergeranno i problemi non risolti dell’io.
Purtroppo presto si sarà spinti a desiderare che questo stato sia sempre più completo, profondo e stabile e in questo modo iniziano i problemi per l’ego spirituale, proiettato nel futuro.
Se attorno al Maestro c’è un contesto religioso, i simboli tramandati da millenni avranno certamente una grande presa sulla mente dell’aspirante discepolo, rafforzando fantasie mistiche che facilitano la perdita di contatto con la realtà quotidiana. Invece di coltivare una coscienza fluida e spontanea, e a vivere davvero gli insegnamenti, si è spinti a creare una nuova religione. Cristallizzando le esperienze avute con il Maestro si finisce con il creare un eccessivo attaccamento alle regole e ai riti e a perdere di vista lo spirito. Se ci sono conflitti si attende che si risolvano per intervento della grazia del guru, senza davvero chiarire le relazioni sul piano più semplice e umano.
Le frasi del Maestro (spesso anche mal tradotte) sono enfatizzate come comandamenti, senza comprendere che fuori dal contesto in cui furono espresse non hanno più senso.
In questo modo si darà importanza più alle forme esteriori che allo stato di coscienza. Ed anche questo è certamente a scapito della serenità che si cercava. Di certo negli ashram ci sono anche molte cose buone, a volte s’incontrano amabilissime persone, e si hanno relazioni umane importanti, e questo spinge a sorvolare sulle profonde contraddizioni che animano il gruppo, nel suo insieme.
Desideriamo sentirci creatori della una nuova realtà, perdendo però contatto con la realtà obiettiva, e ci troviamo a inseguire una realtà immaginaria contraddetta dalla realtà del vivere.
Purtroppo l’ego, nell’identificarsi con il ricercatore spirituale, trova un ruolo gratificante e seducente degno di essere vissuto. “Non sono uno qualunque, ma un discepolo, guidato da un Guru, e avrò accesso a sempre più alte conquiste spirituali”.
Qui incominciano i veri guai: le subdole illusioni dell’io spirituale… E le illusioni portano certamente a dolorose delusioni.
L’Hybris [4] suscita l’ira degli dèi e di conseguenza la nemesi è certa.



Il Maestro interiore è proiettato fuori

Per fare un esempio: da questa ingannevole prospettiva dell’io-separato, quando noteremo una sincronicità (quelle strane coincidenze che capitano di frequente) invece di considerarla un’espressione della misteriosa natura non divisa della realtà in cui siamo immersi, inizieremo a interpretarla come il diretto intervento del Guru e del nostro peculiare rapporto personale con Lui. Ogni coincidenza favorevole è un suo dono e dimostra come ci segua da vicino.
Se le coincidenze non sono fortunate, si dà la colpa ad altri (che non riteniamo spirituali), oppure sono considerate una punizione per i nostri “peccati” (non sufficiente fede, mancanze nella disciplina e altri ipotetici errori).
Il cristianesimo imparato da bambini s’insinua nella mente e nulla è più facile che regredire all'infanzia.
Si dimentica che l’esempio del saggio è l’equanimità con cui accoglie il ciclico fluire degli eventi, le oscillazioni di Yin e Yang, la sua serenità e il suo distacco di fronte a qualunque cosa accada, senza che entrino in gioco né meriti, né colpe. Gli insegnamenti più severi impartiti individualmente hanno lo scopo di scuotere la mente confusa del devoto.
Le risposte del saggio, per l’assenza in lui dell’ego, sono sempre in sintonia con ciò che il momento richiede. Per il devoto invece, in breve tempo, il Guru diventa un feticcio da adorare nella speranza che lo teleguidi.
Sfugge così il suo vero insegnamento, che svela la natura spirituale della realtà quotidiana: “la presa diretta”, libera dalle gabbie delle parole, vissuta vicino a lui.
Solo se si vive nell’attimo liberi dai pensieri si può attingere a quell’intelligenza discriminante, che i dogmi mandano all’ammasso.
Lo stato naturale si manifesta quando si dissolve l’io con il suo bagaglio di condizionamenti e aspettative: è attenzione senza alternative nel qui e ora, senza desideri e paure, in cui l’osservatore come entità separata scompare.
Attendendo l’aiuto dall’esterno, si confonde il sentiero della verità, la percezione obiettiva, il fluire spontaneo, con lo sforzo della disciplina e l’accettazione dei dogmi condivisi.
Chi non ha incontrato il Maestro di persona, ma ne ha solo sentito parlare, vanterà un rapporto peculiare con lui per non sentirsi inferiore ai “vecchi devoti” che l’hanno incontrato.
Un individuo insicuro che non si sente realizzato, nel momento che si considera un discepolo, subito si sente qualcuno. Se impara a memoria un po’ di mantra (cosa che chiunque può fare) sarà presto convinto di essere già un iniziato e di certo un essere speciale.
Il grande orientalista Zimmer già nei primi decenni del Novecento, per indicare questa condizione usava, molto spiritosamente, il termine “iniziati immaginari”.
Con questa nuova e gratificante identificazione, l’ego insegue rispettabilità e importanza all’interno del gruppo che condivide il suo mito spirituale.
Ed ecco il paradosso: il ricercatore che era stato attratto e conquistato dalla consapevolezza e presenza mentale del Maestro, si trova ora a inseguirla nel più ingannevole dei modi.
Coinvolto in ruoli gerarchici, rafforza la sua separazione dalla consapevolezza che si manifesta in assenza dell’ego. Invece che avidità di denaro o di piacere ora c’è avidità di esperienze e riconoscimenti spirituali.
Ciò naturalmente crea in molti ashram le dinamiche del potere che portano sempre a interminabili conflitti. Il luogo di pace diventa così una palestra in cui la mente è coinvolta nella lotta delle proiezioni.
Se il devoto raggiunge status e sostegno anche in un piccolo gruppo, sarà convinto di essere sulla giusta via per diventare a sua volta un maestro. L’uomo è predisposto ad attendersi da altri la soluzione dei suoi problemi, ed è incredibile con quale facilità il transfert ci faccia proiettare il ruolo di maestro su chi ci offre facili soluzioni.
C’è chi viste queste cose si allontana del tutto dalla spiritualità, e in questo modo butta via il bambino con l’acqua sporca.
L’uomo ha bisogno di religione, ma nel senso più autentico e profondo (religere = riunire, riunificare) ed è quindi fondamentale riconoscere quest’inganno se non si vuol continuare ad adorare un vaso senza mai berne l’acqua.
Parafrasando una frase di Albert Einstein, il pensiero razionale è l’utile servo, (adatto ai compiti meccanici che gli competono) di cui siamo diventati schiavi, mentre la mente intuitiva è il dono sacro che questa società ha dimenticato.
Il giorno in cui mi sono reso conto dell’illusorietà delle costruzioni del pensiero, la vita è cambiata radicalmente.
Nell’ambito delle comunità spirituali penso sia urgente che si coltivi davvero l’autenticità dell’essere e l’intuizione che nasce dalla resa al Sé, alla Natura, alla Vita con grande semplicità e spontaneità. E’ necessario riconoscere gli inganni dell’ego e le fantasie di grandezza, se non si vuol travisare il messaggio di verità che il Maestro mostrava con l’esempio.
Solo così potranno nascere tra gli uomini relazioni davvero fraterne, nella Verità dell’autenticità spontanea, nella Semplicità dello stato naturale, nell’Amore dello stato non diviso.

E' nella natura della mente il vagabondare. Tu non sei la mente. La mente salta su e poi sprofonda, è impermanente, transitoria, mentre tu sei eterno... rimani nel Sè! Non dar importanza alla mente... nell'uomo realizzato la mente può essere attiva o inattiva, solo il Sè rimane per lui. (Ramana Maharshi)

Vedere nella propria natura è vedere nel nulla. Vedere nel nulla è vero vedere ed eterno vedere. (Shen-hui)


Finché sono questo o quello non sono tutte le cose. (Meister Eckhart)



Filippo Falzoni Gallerani
Milano, 30 dicembre 2012




[1] Tuttavia individui immaturi non coglieranno la magia della presenza mentale, ma saranno sopraffatti dall’esaltazione e posseduti da fantasie religiose nella regressione al pensiero mitico e magico. La ricerca di piaceri emozionali di questo tipo di spiritualità conduce molti fuori strada e scredita l’autentica spiritualità.

[2] Stato naturale è il termine usato da Ramana Maharsi per indicare la spontanea consapevolezza del Sé che è libera da senso di separazione indotto dall’io che è un prodotto del pensiero.

[3] Pratica spirituale. Letteralmente: strumento per raggiungere qualcosa.

[4] Hýbris è un termine tecnico della tragedia greca e della letteratura greca, che compare nella Poetica di Aristotele (il più antico studio critico su questo genere). Significa letteralmente "tracotanza", "eccesso", "superbia", “orgoglio” o "prevaricazione". Nella trama della tragedia, la hýbris è un evento accaduto nel passato che influenza in modo negativo gli eventi del presente. È una “colpa” dovuta a un’azione che viola leggi divine immutabili, ed è la causa per cui, anche a distanza di molti anni, i personaggi o la loro discendenza sono portati a commettere crimini o subire azioni malvagie. Al termine hýbris viene spesso associato, come diretta conseguenza, quello di "némesis", che significa "vendetta degli dèi", "ira", "sdegno" e che quindi si riferisce alla punizione giustamente inflitta dagli dèi a chi si macchia di tracotanza.


IL GURU E L
 
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